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Squilibrio – Intervista a Luca Rabotti e Gaia Panigalli

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Ciao a tutti, sono Erika Pezzoli e questa volta, per la rubrica Storytelling, ho pensato di intervistare Luca Rabotti e Gaia Panigalli in merito al film “Squilibrio” a cui stanno lavorando.

Luca e Gaia fanno parte del collettivo Brixiart, senza il cui sostegno non sarebbe stato possibile realizzare questo progetto.

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Giovanni e Hope

E: Di cosa parla il film “Squilibrio”?

L: Squilibrio è una storia di redenzione, che racconta di un ex cocainomane che cerca la salvezza attraverso la natura e gli animali. Si tratta di una redenzione difficile e abbiamo deciso di trattare il tema della cocaina nella maniera più reale possibile. È una battaglia quotidiana contro un demone che non ti lascia in pace un istante. Il cammino di redenzione avviene attraverso la purezza della natura e gli animali, che danno a Giovanni, il protagonista, una seconda possibilità.

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Giovanni e nonna Lina

E: Come è nata questa storia? E con quale sguardo l’avete costruita?

L: Stavamo girando un documentario ed eravamo in cerca di persone vere, autentiche, senza maschere. Abbiamo trovato Giovanni grazie a degli amici in comune con un gruppo di cinema della Val Camonica e da lì è nata subito un’amicizia. Nel tempo nasce l’idea di un film neorealista, con una semplicissima e autentica sceneggiatura. Abbiamo scelto di raccontare la realtà, tutte le persone che sono presenti in questo film, fatta eccezione per Suor Giulia, sono persone vere che interpretano se stesse, che sono se stesse, persone autentiche.

G: Siamo rimasti a stretto contatto con Giovanni per un lungo periodo e per buona parte di questo tempo abbiamo solo ed esclusivamente ripreso la sua routine, la sua giornata, soprattutto all’inizio. L’abbiamo visto preoccuparsi di questi animali attivamente come una famiglia. Lui non è estraibile da questo contesto, lui è i suoi animali e i suoi animali sono lui. Abbiamo creato un legame molto forte, che è anche difficile da descrivere. Come diceva Luca, tutto questo nasce non in chiave documentaristica, ma in chiave narrativa.

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Giovanni e Angie

E: Cosa vi ha fatto innamorare della storia di Giovanni? E come vi siete organizzati per raccontarla?

G: Quando abbiamo parlato per la prima volta con Giovanni eravamo al telefono e lui senza conoscerci è stato un’ora e mezza a parlare con noi di qualsiasi argomento, i più vari sulla grande tematica della vita. A fine conversazione gli abbiamo chiesto se saremmo potuti andare a trovarlo e la risposta è stata un entusiasta “Sì sì, venite quando volete!”. Così io, Luca e un nostro carissimo amico e collaboratore interno al nostro collettivo, Alessandro, arriviamo a Lovere, su una strada sterrata, con questa casetta gialla e un sacco di spazio verde. Giovanni ci accoglie entusiasta e ci mostra l’oca Bettina, la gallinella Hope che lui ha accudito da appena uscita dall’uovo. Hope sembra un cane più che una gallina, si fa prendere in braccio anche da me che ovviamente non mi conosce come chi l’ha cresciuta. È inverosimile quello che Giovanni riesce a fare con gli animali. Ci racconta della cocaina subito, al primo incontro, senza filtri.

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Giovanni e Carolina

L: L’idea del film Squilibrio è nata quando lui ci ha letto un racconto una sera a cena, ma dopo un bel po’ di tempo che ci stavamo frequentando.

G: Quella sera c’era anche Alessandro, che ci suggerisce di fare un film. A Luca si illuminano gli occhi e decide di partire, di seguire questa storia e in un attimo ci siamo ritrovati a girare.

L: Giovanni nel suo paesino di Lovere è un po’ come Maradona a Napoli. Ha subito contattato il sindaco, i Carabinieri e coinvolto tutta la gente del paese, rendendo tutti consapevoli del nostro progetto, disponibilissimi ed entusiasti di aiutarci e di partecipare. Lo stesso paese è stato come una grande famiglia. In più a loro della telecamera non interessa nulla, continuano ad essere loro stessi ed era esattamente quello che stavamo cercando. Ovviamente quasi tutte le riprese sono state “buona la prima”, perciò abbiamo sempre lavorato adattandoci alle situazioni.

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Giovanni e Betty

E: Qual’è stata la difficoltà più grande?

G: C’è stato un episodio una mattina, quando avevamo montato più di metà film, in cui io e Luca avevamo la sensazione che quello che stavamo facendo non funzionasse. Dopo aver fatto una passeggiata, discutendo del nostro lavoro, siamo rientrati e abbiamo cestinato il file con tutto il montaggio. Siamo ripartiti da zero. Non essendoci il ciak il lavoro è stato molto più complesso, Luca ha imparato tutte le clip a memoria e abbiamo rifatto tutto. Questo ricominciare da capo però ci ha permesso di cambiare la prospettiva, migliorando il nostro lavoro, rendendolo più efficace, di emozionare noi per primi che lo stavamo creando.

L: Anche la scelta di lavorare con una troupe estremamente snella, non ha reso facile il lavoro. Io oltre che il regista ho fatto l’operatore dietro la telecamera. Anche la semplice assenza del ciak, impensabile volendo riprendere la realtà, non ha semplificato le cose. Però l’abbiamo vissuta un po’ come una storia d’amore, in cui nonostante tutte le difficoltà ti ricordi solo i momenti belli. Le difficoltà fanno parte del gioco.

G: Per la fotografia di questo film la difficoltà è stata, oltre al regista dietro la telecamera e ad essere tutto “buona la prima”, l’organizzazione di un set light semplice ma efficace da muovere in velocità in modo da seguire i soggetti nella loro giornata, ricreando una luce il più naturale possibile. Abbiamo corso parecchio.

E: Cosa vi ha fatto scegliere il linguaggio del cinema?

L: Abbiamo rappresentato un essere umano per il quale è evidente e chiara la distinzione tra bene e male e che comunque convivono all’interno della stessa persona. Giovanni è un po’ un San Francesco maledetto. È uno spaccato di vita vero, reale, genuino, in cui ognuno di noi può immedesimarsi in qualcun altro. Si tratta di questioni universali, mediate attraverso la metafora della storia di Giovanni. Per lui il demone è la cocaina, ma ognuno ha il proprio.

Guarda il film Squilibrio: La mia vita dopo la cocaina


Luca Rabotti, classe 1993.

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Luca Rabotti

Regista e sceneggiatore.
Ho studiato regia e sceneggiatura a Roma e allʼAccademia Nazionale del
Cinema di Bologna. Successivamente ho conseguito un master alla UCLA di Los Angeles. Dal 2015 ho cominciato a lavorare dirigendo spot per aziende a livello internazionale. Ho diretto e prodotto diversi cortometraggi con premi e candidature nazionali e internazionali come il 48 FilmProject di Hollywood e Il Festival di Cannes. Nel 2019 ho ideato, prodotto e diretto il film Squilibrio, la mia opera prima.

Gaia Panigalli, classe 1995.

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Gaia Panigalli

Direttore della fotografia.
Ho studiato Visual communication – Fotografia presso IED – Istituto Europeo di Design di Milano. Successivamente mi sono specializzata in Direzione della
fotografia allʼAccademia Nazionale del Cinema di Bologna. Dal 2018 lavoro nel mondo della fotografia e della post produzione. Ho cominciato a dirigere la fotografia di alcuni cortometraggi di Luca Rabotti. Nel 2019 ho prodotto e diretto la fotografia del mio primo lungometraggio, Squilibrio.

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