La fotografia digitale ha il grande pregio di slegare l’immagine dal supporto fisico.
Chiaramente le nostre fotografie all’inizio vengono salvate su una memoria fisica (SD CARD Etc.) però poi possono essere copiate, modificate e condivise praticamente senza limiti.
Nel mondo dell’analogico quelle che oggi ci sembrano banalità e richiedono pochi attimi del nostro tempo diventano operazioni estremamente complesse e potenzialmente dannose per l’immagine.
Nella fotografia su pellicola l’immagine e il supporto sono una cosa sola, negli articoli precedenti abbiamo visto quanto questo influenzi il risultato finale dei nostri sforzi fotografici.
Scattare in analogico presuppone un approccio proattivo alla realizzazione delle immagini basato su una consapevole scelta dei mezzi e all’impiego della famosa previsualizzazione.
La coraggiosa scelta di ricorrere alla pellicola ci “costringe” a progettare le nostre fotografie e a gestire il processo creativo avendo ben in mente limiti e potenzialità di questo mezzo.
Ogni volta che facciamo click andiamo letteralmente a “scrivere” alterando irreversibilmente la pellicola foto sensibile.
Per evitare cocenti delusioni è fondamentale avere chiaro quali tipi di immagini vogliamo realizzare ancora prima di cominciare a scattare e di trasformare le fasi di Sviluppo e Stampa da pericolosi colli di bottiglia in potenti alleati per la nostra creatività.
Ci teniamo a sottolineare l’inutilità di scattare con macchine fotografiche dotate di ottiche superbe utilizzando pellicole fresche e di marche blasonate se poi andiamo a sviluppare questi preziosi supporti analogici in maniera non adeguata.
Stampa fine art per lo sviluppo professionale delle fotografie in analogico
Il nostro laboratorio fotografico, specializzato in stampa fine art, ritiene fondamentale uno sviluppo professionale delle pellicole per poter creare opere d’arte fotografiche in linea con la visione del loro autore.
Nel passato vista l’enorme richiesta di sviluppi fotografici i laboratori specializzati (fra i quali anche noi) avevano macchine e camere oscure che lavoravano a ciclo continuo.
Questo faceva sì che sia i bagni chimici che le attrezzature lavorassero sempre all’interno del loro range ottimale.
Oggigiorno lo sviluppo professionale delle pellicole è diventato lavoro artigianale e di nicchia che vede la lavorazione di un numero ridotto di supporti per batch.
Per noi si tratta di un servizio svolto con passione che rappresenta un’ottima occasione per entrare in contatto con fotografi estremamente esigenti che poi nella stragrande maggioranza dei casi si affidano a noi anche per quanto riguarda le scansioni a tamburo e la stampa fine art (scopri di più) sia con ingranditore digitale Lambda Durst che Giclée certificata.
Alla luce di quanto detto appare evidente che sia che si scatti in bianco e nero che a colori è fondamentale assicurarsi che le pellicole vengano sviluppate da laboratori che utilizzano bagni sempre freschi e apparecchiature tarate.
Ma non basta un set up professionale!
Infatti, l’utilizzo di chimici e strumenti adeguati non è sempre sinonimo di qualità poiché un altro fattore fondamentale per avere pellicole sviluppate alla perfezione è la cura!
Di primo acchito questa sembra un’affermazione ai limiti della pedanteria ma una pellicola maneggiata correttamente, in un ambiente privo di polvere e di cariche statiche, comporterà un lavoro minimo di spuntinatura e rimozione graffi.
Quando scegliamo un laboratorio professionale è importante accertarci non solo di avere pellicole sviluppate uniformemente, senza macchie e con cromie bilanciate ma anche prive di graffi o di impurità inglobate nell’emulsione.
Finché una fotografia rimane su pellicola non esiste CMD + Z…
Superato lo scoglio dello sviluppo delle pellicole arriva forse la parte più interessante di tutto il processo e cioè la trasformazione dei nostri scatti su pellicola in stampe fotografiche non solo belle ma anche in linea con la nostra visione creativa e autoriale.
Ma come possiamo ottenere fine art print che soddisfino queste aspettative?
La stampa da pellicola fotografica può essere realizzata in due modi: con ingranditore analogico in camera oscura oppure mediante scansione e stampa inkjet fine art o con ingranditore digitale.
Sicuramente la stampa analogica in camera oscura ha un fascino immortale e è ancora oggi circondata da una forte aura romantica. A questa soluzione il nostro laboratorio di stampa fine art ha ormai da quasi venti anni affiancato la digitalizzazione dei supporti analogici mediante scanner a tamburo conosciuto anche come drum scanner.
Questo flusso di lavoro ibrido che amiamo chiamare “Camera Oscura 2.0” permette di esaltare le caratteristiche uniche della pellicola aprendola a sottili ma fondamentali possibilità di correzione colore ed elaborazione.
Gli scanner prosumer domestici (tecnologia ccd/cmos) permettono di avere buone scansioni ma quando si vuole realizzare fine art print di formato superiore al 30×45 diventa fondamentale una scansione professionale.
Chiaramente esistono delle soluzioni di compromesso fra l’utilizzo del flatbed o dello scanner a tamburo, per questo siamo dotati anche di uno scanner IMACON che utilizziamo quando abbiamo grandi volumi di lavoro e budget contenuti.
Tuttavia il nostro scanner a tamburo ICG lavora praticamente senza posa poiché ci giungono richieste di lavoro da tutto il mondo viste le sue caratteristiche uniche nel riprodurre il contenuto delle nostre amate pellicole.
I drumscanner infatti non impiegano ccd o cmos ma dei fotomoltiplicatori.
Questa tecnologia mutuata dai microscopi elettronici a scansione unita al montaggio su un tamburo di plexiglass ultraclear dei negativi mediante appositi liquidi permette di ottenere immagini a altissima risoluzione dotate di un incredibile range dinamico, incisione e pulizia (senza l’utilizzo di nessun tipo di filtri software).
Basti pensare che abbiamo realizzato stampe fine art 110×165 cm partendo da negativi bianco e nero 35mm!
Per chi volesse approfondire questo interessante argomento sul nostro sito troverà numerosi articoli e video.
Un altro aspetto fondamentale per ottenere scansioni che rispettino il contenuto dei supporti analogici è quello della gestione e correzione colore.
La bellezza dell’analogico è che possiamo interpretare le nostre immagini secondo la nostra sensibilità autoriale. Chi di voi ha a casa uno scanner sarà familiare col software di acquisizione che nella maggioranza dei casi fa tutto il lavoro.
Ad esempio, se vogliamo digitalizzare dei negativi, lo scanner ci farà già vedere la loro versione “invertita”.
Questo tipo di sistema è indubbiamente comodo ma tuttavia poco indicato per la realizzazione di fine art print da pellicola. Noi ad esempio lo usiamo quando facciamo provinature veloci oppure scansioni per archivi di famiglia o generalisti.
Quando ci dedichiamo alle scansioni high-end sia con Drumscanner Icg che Imacon implementiamo un flusso di lavoro dove è il nostro operatore a effettuare tutte le correzioni ed eventuali inversioni manualmente lavorando sui singoli canali.
Da una parte è un lavoro relativamente lungo ma che ci consente di dedicarci a interessanti sessioni di post-produzione e stampa collaborativa in compagnia di chi ha scattato la foto in modo da centrare al meglio le cromie e i contrasti che poi saranno il cuore della stampa finale.
Una volta preparato il file, trovato il giusto bilanciamento cromatico e tonale è fondamentale andare in stampa con tecnologie e metodologie che ci diano risultati controllabili e allineabili con le aspettative dell’autore.
È fondamentale avere delle aspettative realistiche che si devono basare sulla conoscenza dei vari metodi di stampa e dei supporti a nostra disposizione.
Le nostre scansioni high end contengono tutta la materia dei nostri supporti analogici che è stata poi interpretata in fase di color correction.
Ma come possiamo trasformare tutto questo in una stampa d’arte?
Le strade che possiamo percorrere sono fondamentalmente due e cioè: la Cprint/Silver Gelatin Print con ingranditore digitale Lambda DURST oppure la Stampa Fine Art Giclée.
Il nostro ingranditore digitale Lambda Drust ci permette di stampare fotograficamente sia su carta colore lucida/opaca/metallic che su carta bianco e nero Ilford ai sali di argento che poi sviluppiamo manualmente in camera oscura.
Questa soluzione è estremamente interessante poiché le fine art print così ottenute sono caratterizzate da un’estetica prettamente fotografica totalmente in linea col supporto analogico da cui sono state ottenute. Il formato massimo di stampa sia per il colore che per il bianco e nero ai sali di argento è di 110x400cm.
Per chi è familiare con la camera oscura è facile comprendere come questo sistema permetta di realizzare stampe fotografiche praticamente indistinguibili da quelle tradizionali anche con dimensioni estreme.
Tuttavia esiste un secondo approccio totalmente in controtendenza a quello appena affrontato e cioè il ricorso alla stampa fine art a getto di inchiostro di ultima generazione.
La fotografia analogica unita ai plotter inkjet fine art è in grado di riservare piacevoli sorprese
Infatti sempre più fotografi uniscono lo scatto analogico a un output di stampa inkjet fine art su carte certificate.
Questo flusso di lavoro consente in fase di stampa di approfittare del gamut esteso dei plotter di ultima generazione che consentono di realizzare fine art print a colori vibranti e ultra-dettagliate oppure stampe monocromatiche neutre e tridimensionali.
Inoltre il continuo evolversi della tecnologia inkjet permette ormai di stampare in maniera impeccabile non solo su carte con emulsione glossy e luster ma anche su pregiate carte rag matt cotone a effetti pittorico.
Può sembrare contro intuitivo rompere la continuità estetica fra supporto analogico e stampa finale tuttavia qualche volta andare contro le regole apre nuove strade.
Come abbiamo visto trasformare uno scatto su pellicola in una fine art print è un processo che comporta passaggi cruciali che ne determinano in maniera irreversibile l’aspetto finale.
Il consiglio finale che possiamo dare, soprattutto ai “nativi digitali” è quello di approcciarsi alla fotografia analogica senza aspettarsi risultati digitali.
Può sembrare una frase scontata ma in un mondo di ultra definizione, hdr e sharpening forsennati capire e apprezzare la morbidezza della pasta fotografica richiede tempo e costanza.
In questa serie di articoli abbiamo semplificato e spesso banalizzato tematiche estremamente complesse.
Questo è stato fatto per condensare il tutto all’interno di tre articoli che devono essere intesi come alcuni utili spunti per avviare approfondimenti mirati.
Per questo vi invitiamo a venirci a trovare nel nostro laboratorio di Calenzano o in Showroom a Milano per parlare insieme di fotografia e trovare il modo migliore per trasformare le vostre immagini e visioni in oggetti d’arte belli e duraturi nel tempo.