Ebbene si, siamo già arrivati ad un nuovo appuntamento con A-Focus: dopo Giovanni Artale oggi conosciamo meglio Samuele Bertoli.

Quale è il tuo genere fotografico preferito?

Il mio genere preferito è la fotografia di paesaggio, ma non mi limito solo a questa.

Sono una persona curiosa con una miriade di interessi, così nella fotografia mi piace sperimentare e, a dirla tutta, mi piace “fotografare tutto”.

Beh, ad essere sinceri, tutto tranne le persone.

Samuele Bertoli, Comacchio

Adoro cimentarmi nella street photography, perché mi piace raccontare e far vedere come le città appaiono attraverso i miei occhi.

Mi piace tracciarne l’evoluzione, coglierne il cuore e l’anima.

E non parlo solamente di architettura o storia, che ovviamente adoro e mi affascina, ma anche e soprattutto la street art, le geometrie, le linee, i punti di vista insoliti ed inaspettati.

Per questo Londra, che è la mia seconda casa, è stata una palestra importante.

Sento un bisogno irrefrenabile di raccontare.

Perché la mia natura è incline allo storytelling, e questo bisogno di fotografare e raccontare è qualcosa che viene dal mio profondo.

Mi piace in egual misura sia il colore che il bianco e nero, a seconda della situazione e delle condizioni.

Ogni scena e frammento di realtà ha un genere che si adatta e si sposa meglio.

Un’anima sensibile in connessione con l’armonia dell’universo deve cogliere e decidere quale stile si sposa meglio con questa realtà e con il messaggio che si vuole veicolare.

Quando capita, inoltre, provo a cimentarmi anche con la wild photography, ma qua ammetto di essere come un piccolo bambino intimorito in una landa sconosciuta.

I miei candidi ed innocenti occhi non possono che rimanere affascinati ed ammaliati dalla bellezza della natura e degli animali selvatici nel loro habitat naturale.

Samuele Bertoli Star_trail_wide_2

Quindi si potrebbe dire che la mia fotografia è più un atto di devozione e tributo di fronte a cotanta bellezza e fierezza. 

Mi piacerebbe nel medio termine riuscire a dedicarmi con un po’ più di costanza anche all’astrofotografia.

Dopotutto ci vogliono sempre nuove sfide ed obiettivi, no?

Ci racconti il tuo primo ricordo legato alla fotografia?

Sebbene mi sia approcciato solamente da qualche anno alla fotografia in maniera più sistematica curando specificatamente la mia crescita fotografica, io amo fotografare da che ne ho memoria.

Sarà figlia del fatto che ho una memoria “fotografica incredibile” che mi ha aiutato e continua ad aiutarmi in tutta la mia vita.

Ho sempre avuto la tendenza, e presunzione, di raccontare quello che mi colpisce del mondo così come i miei occhi lo vedono.

E per citare Kant, “far vedere come è interpretato una volta filtrato dalle lenti colorate dei miei occhi”.

Uno dei ricordi più carini che ho è legato a quando ai tempi dell’università, correva l’anno del signore 2003, decisi, una volta terminati gli esami della sessione estiva, di andare a trovare un mio amico che stava lavorando a San Diego, California e passare lì i successivi due mesi.

All’epoca non avevo con me niente altro che una piccola macchinetta fotografica Kodak e probabilmente non sapevo nemmeno cosa fossero i file RAW.

Come proiettato in una serie televisiva mi sono trovato immerso in un mondo nuovo e meraviglioso.

La casa del mio amico, la classica casetta americana a due piani con l’immancabile vialetto e garage, era giusto a 100m dall’oceano Pacifico e da Pacific Beach.

Al netto della bellezza del ricordo, dell’ode alla mia giovinezza e a momenti di spensieratezza che rimarranno irripetibili, questo è un ricordo che mi suscita sentimenti positivi.

Mi ricorda come, anche a 9000Km di distanza, ci si possa sentire connessi con la propria casa.

Io sono nato e cresciuto in Lunigiana a circa 10/15 minuti di macchina sia dal mare ligure che toscano.

Samuele B. Lido di camaiore

Il mare ha sempre fatto parte della mia vita.

E inconsciamente per me mare significa vedere la palla del sole al tramonto coricarsi nell’acqua.

Nella mia vita ho girato sempre tanto e quando mi sono trovato a vedere (come in Catalogna o nell’Adriatico ad esempio) il sole sorgere dal mare e tramontare in direzione opposta, ho sempre provato una sensazione primordiale che qualcosa non quadrasse, come se il mio spirito si sentisse in un qual modo preso in giro, ingannato da una entità beffarda…

Come se tutto fosse finto o artefatto, una ignara vittima che viveva il suo Truman Show.

E invece a San Diego mi sono sentito di nuovo a casa.

Mi sono sentito di nuovo in connessione con il sole che si spegneva nelle gelide acque dell’oceano strizzando il suo benevolo occhio ai surfisti.

Nonostante mi stessero mancando i miei affetti non mi stavo sentendo più solo.

Sarà stata questa sensazione, sarà stata la vicinanza all’Oceano, sarà stata l’assoluta bellezza del luogo.

Fatto sta che io ogni singola sera mi incamminavo e andavo sulla collina che dava sulla spiaggia e ho cercato di immortalare il tramonto e la successiva ora blu.

S. Bertoli, San Diego, 2003

Con il passare del tempo era divenuta pure una questione di principio.

Perché o non riuscivo a scattare gestendo il contro luce, o non c’erano nuvole che si coloravano, o c’erano troppe nuvole che coprivano la palla del sole, o le condizioni erano perfette ma le mie foto erano sfuocate…

In quei due mesi, ogni singolo giorno, io andavo a fotografare il tramonto.

Come un paladino di un racconto epico che non poteva esimersi di seguire il proprio destino.

E ho persino ottenuto il mio lieto fine.

Nel senso che il mio sforzo, la mia ostinazione e resilienza sono state infine premiate.

Finalmente ero riuscito a produrre una serie di 4 fotografie che mi piacevano e soddisfacevano.

Queste fotografie, sebbene non siano né perfette né altro, le ho stampate e le ho ancora appese a casa nonostante negli anni successivi sia riuscito a realizzare fotografie decisamente migliori sia tecnicamente che a livello di composizione e post produzione.

Ogni giorno che sono a casa le vedo e inizio la mia giornata con il piede giusto inondato da un ricordo piacevole, con la mia giusta dose di positività e buoni sentimenti.

Quale artista ti ha ispirato di più o a quale artista ti ispiri in questo momento?

Qua potrei aprire un capitolo infinito.

Nel rispetto del vostro tempo cercherò di essere sobrio e parco.

Perché ci sono moltissimi fotografi che ammiro e il cui lavoro in un senso o nell’altro mi ispirano e mi portano a cercare di far crescere la mia fotografia.

Un artista che sono anni che mi colpisce e non smette mai di sorprendermi è Michael Kenna.

Anni fa ebbi la fortuna di vedere una sua mostra a Reggio Emilia, fortunatamente passa spesso dalle mie parti essendo il Pò uno dei suoi soggetti preferiti, e ne fui completamente rapito.

Non si può non rimanerne affascinati.

Riesce a realizzare con la pellicola fotografie che neanche in un milione di anni riuscirei a produrre con il digitale e Photoshop.

Ma non è solo questo.

Perché impressiona pure la sua capacità di cogliere le linee e le geometrie, la sua abilità nel gestire le luci, le ombre e le lunghe esposizioni.

E poi le sue opere si riconoscono immediatamente.

Il suo timbro e stile è inconfondibile e non solo per il fatto che produca scatti quadrati in bianco e nero.

Il suo lavoro mi ha spronato a guardare il mondo con occhi diversi, cercando di cogliere l’armonia che lo governa nelle sue linee e simmetrie.

Negli ultimi anni poi c’è una nuova generazione di fotografi paesaggisti che, oltre a produrre foto meravigliosamente incredibili e di ispirazione, sta facendo un lavoro indescrivibile a livello di divulgazione di cultura e passione fotografica attraverso, ad esempio, i loro canali YouTube, siti e newsletter.

Mi sto riferendo in particolare ad una scuola di paesaggisti:

  • Anglosassoni come Nigel Danson, Thomas Heaton, Henry Turner, Adam Gibbs, ma non solo
  • Nordici, tipo Mads Peter Iversen

Tutto il loro lavoro è importante perché non soltanto fanno foto bellissime, ma si sbattono pure a cercare di spiegare che cosa ha portato loro a scattarle.

Per ogni appassionato di fotografia è utile venire a conoscenza dei loro assunti nonché dei loro ragionamenti e tecniche utilizzate.

È come essere i giovani studenti di Robin Williams nell’attimo fuggente che si abbeveravano della conoscenza dei poeti estinti.

Lo scatto/opera realizzata che ti ha dato maggiore soddisfazione?

Samuele Bertoli, E infine venne il giorno del giudizio

È una domanda difficile cui rispondere perché sembrerà strano, ma ogni fotografia che ho scattato e post prodotto mi ha dato un certo grado di soddisfazione per un disparato numero di motivi.

Magari quella foto mi ha ricordato un momento particolare (felice, triste o comunque legato ad una sensazione o stato d’animo particolare).

Altre volte uno prova soddisfazione perché la fotografia è il risultato riuscito di una pianificazione minuziosa, logistica e metereologica.

Oppure uno prova soddisfazione perché si è riusciti a cogliere l’attimo e ad immortalare una situazione irripetibile, fugace, unica.

A tal riguardo sono molto orgoglioso delle fotografie che allego, scattate in Val D’Orcia a inizio gennaio 2022.

Mi hanno consentito di cimentarmi e mettermi alla prova con situazioni interessanti che mutavano secondo dopo secondo e che mi hanno obbligato ad essere flessibile e dinamico.

Ho dovuto fotografare alla vecchia maniera con fotocamera in mano, seguendo più il cuore e l’istinto che la ragione.

Mi sono sentito un cacciatore di luce e, a posteriori, sono contento del risultato ottenuto perché il controluce ha sempre esercitato su di me un fascino atavico.

Parlaci un po’ della tua attrezzatura!

Samuele Bertoli, Solitudine e Fierezza

Fin da quando ho comprato la mia prima reflex, una 450D, sono legato a Canon.

Mi ricordo che fu una scelta piuttosto sofferta perché davanti a me avevo un dilemma di non così facile soluzione.

Al tempo o si era Canon o Nikon.

Non si scappava, a parte qualche nicchia, da lì.

E oggi non rinnego affatto la mia scelta di pancia.

Nel corso degli anni poi ho aggiornato la mia attrezzatura passando attraverso la 40D ed approdando infine alla mirrorless EOS R6.

Anche a livello di ottiche mi sono evoluto e amo decisamente i miei obiettivi EF serie L, dal 16-35 F4 IS USM al 24-105 f/4 II USM, che uso ancora con soddisfazione.

La svolta, a livello di fotografia sul campo, penso di averla avuta quando finalmente ho abbracciato la staffa a L per il treppiede e i filtri magnetici Kase.

Che consiglio daresti a chi si affaccia oggi per la prima volta al mondo della fotografia?

La fotografia è passione, è amore e sofferenza.

Il consiglio che darei è quello di fotografare per voi stessi.

Fotografare per soddisfare i vostri bisogni e sentirvi in pace con voi stessi.

La fotografia non è nulla di scontato.

Ha bisogno di costanza e devozione, e tanta, tanta pazienza.

Perché una cosa è fare le foto delle vacanze, un’altra è fare delle foto belle.

Ci sono cose imponderabili come la luce e il meteo che non possono essere governate.

Samuele Bertoli, Lasciarsi baciare dal sole

Ci si deve adattare e a volte fare levatacce per fotografare albe o raggiungere cime delle montagne senza riuscire a portare a casa nulla di decente.

Se non l’esperienza e il ricordo.

Avere una buona attrezzatura e imparare la tecnica sono importanti ma bisogna fotografare essenzialmente con il cuore e l’anima.

Bisogna fotografare per trasmettere emozioni, per mandare un messaggio.

Dietro ogni scatto deve esserci un ragionamento.

Può essere un ragionamento di giorni, mesi, anni di pianificazione o può essere un ragionamento inconscio della durata di un battito d’ali di farfalla.

Consiglierei di iniziare a godere del percorso di crescita.

La perfezione non esiste ma è bello vedere che le proprie fotografie iniziano a migliorare.

Il consenso può essere importante ma è una cosa vana ed effimera.

Il mondo non è quello dei social.

Le mie foto devono piacere a me.

Devono trasmettere qualcosa in primo luogo a me.

Devono riportarmi indietro al momento dello scatto, devono continuare ad emozionarmi per il resto dei miei giorni.

Ognuno dovrebbe sviluppare un proprio stile personale, ma per fare questo è bene iniziare a vedere anche quello che fanno i fotografi che si ammirano.

Capire i loro assunti ed immedesimarsi cercando di immaginare che cosa avremmo fatto nei loro panni in quella determinata condizione.

Ogni fotografia è buona per cogliere ispirazione.

La fotografia per me è, e sarà sempre, gioia e piacere

Spero davvero di non avervi annoiato.

Spero, al contrario, di avervi suscitato interesse invogliandovi ad entrare sempre più nel mio piccolo mondo; a mo’ di Bianconiglio di fronte all’ingresso verso il paese delle meraviglie.


IngSamu

Puoi trovare Samuele Bertoli su:

Instagram

Continua a seguirci, nel prossimo articolo potrebbe esserci la tua intervista!

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