In questo articolo conosciamo meglio Marco Marcone, nostro lettore e fotografo di reportage, classe 1967.
Senza nemmeno accorgercene siamo arrivati all’ultima intervista di A-Focus del 2022.
Abbiamo avuto modo di conoscere tantissime persone che ci hanno affascinato con le loro storie, i loro stili ed il loro punti di vista.
Qui trovi tutte le nostre precedenti interviste.
Molti sono venuti a trovarci in occasione dei numerosi eventi a cui abbiamo partecipato come Universo Foto.
Quindi è proprio il caso di dirlo: il tempo vola quando ci divertiamo!
Ma adesso veniamo alla nostra intervista, ti presentiamo Marco Marcone.
Quale è il tuo genere fotografico preferito/ di quale genere fotografico ti occupi?
Il genere fotografico che prediligo è quello del reportage fatto attraverso lo storytelling.
Il reportage può essere un’inchiesta, una denuncia, un viaggio letterario, un diario.
Oppure un portfolio o una grande intervista, che è una sorta di reportage intorno all’intervistato.
Stimolante, ma niente di più complicato: una foto buona può capitare di farla, ma realizzare una serie non è cosa da poco; peraltro, altra impresa affatto banale, è la composizione logica della sequenza.
Vero è che, se di forma d’arte si tratta, la “narrazione” non può che essere parte integrante delle fotografie.
Ci racconti il tuo primo ricordo legato alla fotografia?
Per me fotografare è un emozionante ricordo di adolescente.
Mio papà, dopo innumerevoli pressioni, mi regalò per la promozione della terza media una Nikon EM.
Immediatamente ne rilevai il limite: l’unica opportunità di utilizzarla era in automatico, e fu così che mi andò immediatamente stretta.
Una Nikon FE in permuta con la EM fu il premio per la promozione in seconda liceo, e quella FE è, da allora, ancora con me.
Non avevo modo di spendere troppo in ottiche, ma il Nikkor 35mm ed il 105mm furono miei, che ovviamente conservo ancora.
A passi giganteschi arriviamo ai giorni nostri: nel 2014 decido di capitolare nei confronti del digitale.
I corpi erano notevolmente più grandi e più pesanti di quelli analogici ed il mirrorless Micro 4/3 mi sembrò la scelta migliore.
Scelsi Olympus EM-1 e qualche ottica luminosa, della serie PanaLeica.
Dopo 4 anni, nel 2018, sono migrato a Sony A7 III con 24mm GM, 35mm GM e 35mm Zeiss F/2,8, 75mm Samyang e sono davvero molto contento.
Quale artista ti ha ispirato di più o a quale artista ti ispiri in questo momento?
Guardo e leggo moltissima fotografia: ho una collezione di libri di cui vado molto fiero.
Il mio idolo è un contemporaneo: Ernesto Bazan, un uomo eccezionale che riversa la sua sconfinata sensibilità in immagini bianco e nero mozzafiato.
Vittore Buzzi, anch’egli fotografo contemporaneo, con una profonda cultura, non solo fotografica, e sopraffino sperimentatore.
Li apprezzo molto anche perché ho la fortuna di conoscerli personalmente e di frequentarli.
Poi James Nachtwey, Paolo Pellegrin, Eugene Smith.
E poi ancora Costantine Manos, Josef Koudelka, Sebastiao Salgado, Alex Webb.
Potrei continuare a lungo!
Lo scatto/opera realizzata che ti ha dato maggiore soddisfazione?
Una delle foto che mi ha dato le maggiori soddisfazioni è “Into the net”.
Le altre in questo articolo sono alcune tra quelle cui sono più affezionato.
Che consiglio daresti a chi si affaccia oggi per la prima volta al mondo della fotografia?
Chi sono io per dispensare consigli, ma ritengo importante trovare il proprio stile, che diventi unico ed inconfondibile, applicato alle storie che ci interessano e ci stimolano maggiormente.
Lo studio continuo dei grandi Maestri di ieri e di oggi, può essere una delle ricette possibili per la felicità.
Puoi trovare Gianni Ronconi su:
Sei un fotografo, professionista, aspirante o amatoriale, e vorresti essere il protagonista della prossima intervista?