Nuovo appuntamento con le interviste ai nostri lettori: conosciamo meglio Gianni Ronconi.
Fotografo Casentinese, classe 1946, scopre la sua passione per la fotografia nel 1970 e raggiunge l’apice con le foto in bianco e nero stampate nel suo laboratorio.
Adesso, avanti con l’intervista!
Quale è il tuo genere fotografico preferito/ di quale genere fotografico ti occupi?
Fare foto è il mio modo di conoscere, di parlare e di ricordare.
E, concedetemi la pretesa, il mio contributo a far conoscere (nonostante io non sia assolutamente un professionista), a far parlare, a far ricordare.
Quando scatto una foto mi piace pensare, probabilmente un’illusione, non so, che contenga dei valori sia per il soggetto fotografato, sia per me che ho “catturato” quell’attimo, sia per le persone che la potranno vedere.
Sono convinto che per fare belle foto non c’è bisogno di andare chissà dove, basta guardarsi intorno e osservare.
Bisogna saper vedere e cogliere le immagini al volo fra i molti momenti di vita quotidiana che ci passano davanti agli occhi.
Bisogna, a volte, quasi prevederli ed essere lì a coglierli.
Forse, in definitiva, il mio vero desiderio è proprio quello di fotografare l’uomo nella semplicità del suo vivere quotidiano, descrivere attimi piccoli ma essenziali.
Ci racconti il tuo primo ricordo legato alla fotografia?
Il primo ricordo simpatico è quello legato alla mia prima pubblicazione “I CARBONAI“, dedicato al lavoro di un carbonaio, Celeste Mugnaini.
Avevo iniziato a fotografare la costruzione di una carbonaia, a Montemignaio, ed il lavoro stava andando avanti bene.
Già ero stupito dalla “grandezza” di questo lavoro, fare il carbone, che non avevo mai visto, ed il mio entusiasmo di “catturarlo” era notevole.
Un giorno, dopo che Celeste gli aveva dato “foco” ed aveva fatto i primi buchi per la respirazione in fondo alla carbonaia, vidi un piccolissimo topolino che stava per uscire da uno di questi buchi.
Appena mi vide questo tornò dentro ma, spinto dal fumo e dal calore, ogni tanto faceva capolino per uscire da uno dei buchi fatti.
Non ce la faceva perché io ero lì davanti per cercare di cogliere l’attimo in cui scappava.
Mi allontanai di circa un metro e il topolino si fece coraggio e uscì.
Dopo fui veramente felice perché il topolino scappò ma io ero riuscito ad immortalarlo nella sua fuga verso il bosco.
Quale artista ti ha ispirato di più o a quale artista ti ispiri in questo momento?
Un nome sopra a tutti Henry Cartier Bresson ma adoro altri fotografi, tipo Salgado, che fotografano l’uomo nel suo quotidiano.
Lo scatto/opera realizzata che ti ha dato maggiore soddisfazione?
Quella che mi ha dato più soddisfazione è CASENTINESI, un libro dedicato agli abitanti della mia vallata, il Casentino.
Sono molto attaccato anche ad un altro mio libro, 2013, DI GIORNO IN GIORNO, dedicato agli abitanti del mio Comune, Castel San Niccolò.
Nel 2013 dal primo all’ultimo giorno dell’anno feci una foto al giorno agli abitanti del mio comune, in tutte le frazioni in cui è composto.
Più altre 12 foto per i mesi e altre 4 per le stagioni.
Una pubblicazione con 381 fotografie, interamente dedicato al mio Comune, meno di 3.000 abitanti!
Parlaci un po’ della tua attrezzatura!
Possiedo due Canon, una 450d e una 550d.
Obbiettivi, invece, un 15-85mm, con il quale faccio il 99% delle foto e un 50-250mm.
Che consiglio daresti a chi si affaccia oggi per la prima volta al mondo della fotografia?
Semplicemente di scattare immagini, se non lo fa per lavoro, seguendo sempre la sua passione.
Puoi trovare Gianni Ronconi su:
Sei un fotografo, professionista, aspirante o amatoriale, e vorresti essere il protagonista della prossima intervista?