Ciao a tutti!

Come anticipato durante la mia intervista di presentazione, dopo averti presentato un autore ti mostrerò in maniera dettagliata una sua immagine.

Nel precedente articolo ti ho parlato di Sebastiao Salgado e scegliere un suo scatto, come immaginerai, non è stato per niente facile.

Non solo per la grande quantità dei progetti realizzati ma anche per l’attualità e la forza dei temi affrontati nella sua lunga carriera.

Sebastiao Salgado, Exodus, 1996 Jade Maiwan, un tempo la strada principale di Kabul, Afghanistan
Jade Maiwan, un tempo la strada principale di Kabul. Afghanistan, 1996. © Sebastião Salgado, Exodus

Alla fine la mia attenzione, probabilmente spinta anche dalla contingenza storica, è caduta su questa fotografia scattata in Afghanistan.

Qui si condensano molti degli aspetti peculiari della visione di Salgado.

Nell’immagine vediamo uno scorcio di vita della città di Kabul del 1996, anno in cui i talebani salgono al potere dopo una lunga e sanguinosa guerra civile tra i vari gruppi di mujahidin.

In primo piano si trovano tre figure:

  • Un giovane uomo, con lo sguardo in macchina, che avanza in direzione del fotografo
  • Una donna avvolta in un burqa (abito reintrodotto dai talebani) che cammina in direzione contraria
  • Una bambina con il viso rivolto alla camera
Ritaglio dello scatto Jade Maiwan, Exodus, Salgado

L’uomo ci conduce al di fuori del campo inquadrato creando quella dimensione che ci proietta verso la personale costruzione del fuori campo.

La donna sembra, invece, “una figura di mezzo”.

Il suo incedere conduce il nostro sguardo verso lo sfondo sul quale si notano i ruderi degli edifici un tempo centro della vita della città.

Il suo abito composto in un elegante movimento, conduce verso il margine del fotogramma, verso quel fuori campo appena attraversato che possiamo solo immaginare.

La bambina ci indica, con quel suo furtivo sguardo in macchina, la presenza del fotografo, il suo essere dentro e fuori la scena inquadrata.

L’immagine, con un’estesa profondità di campo, mette in evidenza ogni parte dell’inquadratura lasciandoci scoprire gradualmente tutti i dettagli compresi nell’ampia scena, ripresa da un punto di vista laterale leggermente rialzato.

La fotografia ha una costruzione molto dinamica dovuta all’intersecarsi di più diagonali formate da:

  • Le due strade che si incrociano
  • La donna e l’uomo in primo piano nel loro procedere
  • Il bambino col carretto e l’uomo dietro di lui
  • Infine gli sguardi in macchina dei soggetti in primo piano

La luce, proveniente da destra, proietta lunghe ombre sulle strade ed evidenzia, grazie alla sua posizione, i volumi di quel che resta dell’architettura della città.

L’ampia gamma di grigi, anche se spinta verso toni scuri, non perde vividezza né contrasto risultando ben bilanciata sia nelle alte che nelle basse luci.

Kabul, pur essendo la capitale, appare in questa immagine quasi deserta.

Sebastiao Salgado, Exodus, Copertina

La sua strada principale è percorsa da poche persone distanti tra loro e senza nessun apparente legame, comparse di un teatro distrutto, congelate in un tempo sospeso.

Le macerie fanno da cornice spettrale a quella che sembra un’ordinaria giornata di vita riportandoci in maniera drammatica alla tragicità della guerra.

Non solo nel suo compiersi, ma anche nella dolorosa situazione post-bellica.

Lo scatto di Salgado fa parte del lavoro Exodus.

Questo è un progetto sulle migrazioni al quale si è dedicato per sei anni, dal 1993 al 1999, fotografando uomini, donne e bambini in fuga da guerre, povertà, disastri ambientali e cambiamenti climatici.


Tu cosa ne pensi di questo scatto di Sebastiao Salgado estratto dal lavoro Exodus?

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3 Commenti

  1. Profonda narrazione e bellissima descrizione di un angolo di mondo, che, nonostante il suo apparente “vuoto” cosmico e post-bellico, conserva e restituisce tanta speranza. Forse la luce, forse le diverse realtà bloccate dall’obiettivo o gli ampi spazi. Non lo so! Resta uno scatto incredibile e complimenti Nicoletta per il tuo contributo emotivo.

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