La rubrica sui grandi fotografi contemporanei va avanti: dopo Hiroshi Sugimoto è il turno di Mario Giacomelli.

La fotografia di Mario Giacomelli rappresenta un unicum nel panorama fotografico del ‘900 italiano.

I suoi lavori, ben lontani dalla rappresentazione del reale, rivelano un modo personalissimo di vedere, di interiorizzare il mondo e di trasformarlo.

Giacomelli fotografa la sua terra, i campi coltivati, i suoi familiari, gli abitanti di Scanno, gli ospiti dell’ospizio, riconducendo sempre tutto ad una dimensione che non appartiene all’osservazione, ma alla trasfigurazione di ciò che si trova davanti all’obiettivo, alla sua metamorfosi in forme astratte ed universali.

Questo ricordo lo vorrei raccontare, Mario Giacomelli, 2000

Mario Giacomelli è nato a Senigallia nel 1925.

Rimasto orfano del padre, trascorre un’infanzia piuttosto difficile, che lo porta a lavorare già in giovane età per offrire un contributo economico alla famiglia. 

Durante l’adolescenza inizia a lavorare in una tipografia, rimane affascinato dal lavoro, e ben presto decide di aprirne una di sua proprietà grazie all’aiuto economico di un’anziana residente nell’ospizio in cui sua madre lavora.

Negli anni ‘50 acquista la sua prima macchina fotografica, una Comet, e inizia a fotografare tutte le volte che gli è possibile, partendo da quello che gli sta intorno: il mare, la terra, i familiari.

L’incontro con Giuseppe Cavalli, avvocato, critico e fotografo minimalista molto influente, rappresenta una svolta nella sua carriera artistica.

Cavalli ne intuisce le grandi potenzialità e decide di seguirlo nel suo percorso fotografico accogliendolo nell’Associazione fotografica MISA.

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, Mario Giacomelli, 1966-68

Tra i suoi lavori più conosciuti e significativi troviamo: Verrà la morte ed avrà i tuoi occhi, titolo tratto da una poesia di Cesare Pavese.

Si tratta di un impietoso, crudo ritratto della vita quotidiana nell’ospizio di Senigallia, nel quale l’artista torna più volte a partire dagli anni ‘50.

Le immagini, scattate con l’aiuto di un flash, mettono in evidenza in maniera brutale la drammatica verità del tempo;

Scanno, una serie di fotografie del paese abruzzese e dei suoi abitanti avvolti in abiti tipici.

Di questa raccolta fa parte anche la famosa immagine Il bambino di Scanno, esposta nel 1964 al MOMA di New York;

Io non ho mani che mi accarezzino il volto, M. Giacomelli,1961-63

Io non ho mani che mi accarezzano il volto, una raccolta realizzata nel seminario di Senigallia dove Giacomelli trascorre un anno con lo scopo di documentare la vita dei seminaristi ritrovandosi in una dimensione molto diversa da quella che immagina.

Le fotografie ritraggono momenti ricreativi in cui i giovani “pretini” appaiono in situazioni giocose e festanti.

I Paesaggi marchigiani, spesso fotografati dall’alto, da un’altura e più tardi da un piccolo aeroplano, rappresentano una parte molto importante della sua produzione, sia in termini di tempo dedicato al progetto che dal punto di vista stilistico.

I paesaggi di Giacomelli, caratterizzati da un forte contrasto, sono paesaggi alterati, era lui stesso ad intervenire, a modificare i segni degli aratri, ad aggiungere linee, buchi per arrivare alla rappresentazione desiderata.

Presa di coscienza sulla natura, Mario Giacomelli, 1976-80
Giacomelli è sempre stato poco interessato alla tecnica (scattava con un’accoppiata tempo/diaframma fissa per il paesaggio e con un’altra per la figura).

Ha utilizzato, per quasi tutti i suoi lavori, la stessa macchina, della quale aveva modificato alcune parti per le sue esigenze di scatto, seguendo sempre personalmente tutto il processo attraverso lo sviluppo e la stampa delle immagini nella sua camera oscura.

  • Le stampe ad alto contrasto
  • L’utilizzo delle maschere
  • I neri ed i bianchi estremi
  • Il fuori fuoco, il mosso e la grana ben visibile

Sono questi i tratti distintivi delle opere di Mario Giacomelli.

Il suo è, dunque, un mondo astratto, sospeso, surreale, simbolico: nelle sue immagini niente rimanda esattamente a quello che è.

Tutto è trasfigurato, trasformato dalla sua inconfondibile, poetica visione del reale.

Il genio di Mario Giacomelli, tipografo, fotografo, pittore si spegne nel 2000 nella sua Senigallia, dopo un periodo di malattia.


A breve uscirà l’approfondimento di uno degli scatti più iconici di Mario Giacomelli, per cui continua a seguirci!

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