Dopo l’articolo su Sally Mann la rubrica sui Grandi Fotografi Contemporanei continua con Hiroshi Sugimoto.

Minimalismo, arte concettuale e metafotografia si fondono nelle sue opere, rendendolo uno dei più rilevanti artisti contemporanei sulla scena internazionale.

Nasce nel 1948 a Tokyo dove studia sociologia e politica.

In seguito si trasferisce prima a Los Angeles per studiare fotografia all’Art Center College of Design, ed in seguito, negli anni settanta, a New York.

In quegli anni la scena artistica newyorkese era dominata dal Concettualismo e dal Minimalismo, due movimenti che avranno una profonda influenza sulla sua formazione.

Teatro scientifico del Bibiena, Mantova, 2015 - Hiroshi Sugimoto

La fotografia è per Hiroshi Sugimoto un terreno sperimentale attraverso il quale poter rappresentare le proprie idee.

Alla base dei suoi lavori seriali c’è sempre un lungo periodo di studi ed una serie di sperimentazioni tecniche volte ad indagare le possibilità e le peculiarità del mezzo.

Le immagini analogiche di grande formato sono frutto di un lavoro artigianale che lo vedono spesso all’opera anche nella preparazione delle emulsioni e dei solventi.

Theaters, un progetto nato nel 1978, ha portato l’artista, per circa quarant’anni, a fotografare l’interno dei teatri.

Utilizzando come unica fonte luminosa la proiezione di un film sullo schermo, l’obiettivo rimane aperto dall’inizio del film fino ai titoli di coda.

Lo schermo, alla fine della lunga esposizione, si trasforma in un rettangolo bianco in grado di illuminare il teatro e restituirne la bellezza architettonica.

ligurian Sea, Soviore, 1993 - hiroshi Sugimoto

La dimensione del tempo, uno dei temi più indagati dall’opera di Hiroshi Sugimoto, è anche alla base di altri suoi importanti lavori.

In Seascape, un viaggio ancestrale alle origini della vita, sono protagonisti il mare ed il cielo di ogni angolo del pianeta.

In Praise of Shadow 980816, 1998 - Hiroshi Sugimoto

Il fotogramma diviso esattamente a metà dalla linea dell’orizzonte cattura, attraverso una lunga esposizione, il fluire del tempo restituendoci immagini cariche di mistero fatte per essere ammirate e contemplate.

In Praise of Shadow il fotogramma contiene l’intera vita di una candela e delle sue fluttuazioni in balia degli agenti atmosferici.

La linea di confine tra realtà e finzione in Diorama e Portraits diventa labile ed inquietante.

Sugimoto fotografa i Diorama dei musei di storia naturale, chiusi in teche di vetro, producendo l’illusione che il fotografo si sia trovato lì proprio davanti alla scena impressa sulla pellicola.

Hyena, Jackal, Vulture, 1976 - H. Sugimoto

Ancora più spiazzante risulta l’incontro con i ritratti, a grandezza reale, di Portraits, risultato della ripresa delle statue di cera di soggetti famosi posizionati su sfondo nero.

Fidel Castro, 1999 - H. Sugimoto

Le fotografie di Sugimoto, perfette nel loro rigore formale e nella loro estetica minimalista, appaiono sempre come un enigma, l’espressione di un oltre di difficile definizione che ammalia ed inquieta conducendo lo spettatore sino all’essenza dell’immagine.


Se ti è piaciuto questo articolo su Hiroshi Sugimoto, continua a seguirci!

A breve uscirà un nuovo articolo su uno dei suoi scatti iconici.

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