Artista poliedrico, originale e controverso, Robert Ballen, è conosciuto nel mondo dell’arte per le sue opere stranianti, primitive, irrazionali, a cavallo tra sogno e realtà. 

Nato a New York nel 1950, entra già da piccolo in contatto con la fotografia ed i grandi autori (Henri Cartier-Bresson, Elliott Erwitt, André Kertész) in quanto sua madre, negli anni ‘60, lavorava come photoeditor all’Agenzia Magnum.

Inizia a fotografare durante l’adolescenza dedicandosi, nella prima fase della sua vita, principalmente alla documentazione.

Al termine della laurea in Psicologia conseguita all’università di Berkeley parte per un lungo viaggio di oltre 30.000 miglia, di cui molti percorsi a piedi, che lo conduce in circa sessanta Paesi.

Gli scatti realizzati durante questo viaggio, durato circa cinque anni, convergeranno nel lavoro Boyhood pubblicato per la prima volta nel 1979.

Roger Ballen, Boyhood, 1979

L’opera ritrae, attraverso le immagini di sguardi, giochi e gesti, il periodo della preadolescenza, un importante momento di passaggio, durante il quale i bambini iniziano a sperimentare gradualmente la propria autonomia vivendo tutto quello che accade in maniera nuova ed entusiasmante.

Al termine di questa esperienza torna negli Stati Uniti e continua gli studi conseguendo, nel 1981, un dottorato in geologia.

L’anno seguente si trasferisce definitivamente in Sud Africa, dove, fino al 2010, lavora come imprenditore minerario.

L’impiego gli consentirà, come lui stesso afferma in varie interviste, di vivere senza svendere la sua passione per la fotografia mercificandola a fini di profitto.

Roger Ballen può così dedicare alla sua espressione in maniera del tutto libera e personale.

R. Ballen, Outland, 2001

Durante questo periodo di lavoro come geologo ha l’occasione di visitare il paese, specialmente le zone più periferiche e remote, e di entrare in contatto con le popolazioni e le variegate realtà del territorio.

Ne ricavò un lavoro di grande sensibilità e poesia: Outland.

Il libro, nominato nel 2001 Best Photographic Book of the Year al PhotoEspaña,è un racconto di questo lungo percorso professionale ed umano attraverso il quale indaga condizioni di disabilità, emarginazione e povertà di alcuni strati della popolazione sudafricana.

Con Asylum of the Birds, Ballen, si allontana dalla documentazione, la figura umana scompare progressivamente dalle opere lasciando spazio al mondo animale.

L’essere umano, quando c’è, è presente attraverso parti del corpo, e sempre in interazione col caotico e perturbante mondo circostante.

I volti, spesso coperti da maschere o nascosti da altri materiali scenografici presenti nella scena, diventano oggetti, parti di un mondo irrazionale eppure vivo, riconoscibile.

R. Ballen, Asylum of the Birds, 2014

La fotografia di Ballen non viene da lunghe progettazioni o da idee precostituite.

L’autore costruisce le sue opere utilizzando il materiale che ha a disposizione nelle location scelte lasciando alcune variabili al casuale divenire.

Le persone, gli oggetti, gli animali, i luoghi sono, nelle sue fotografie, protagonisti alla pari.

Il mondo di Ballen non assomiglia a nessun altro.

Nei suoi fotogrammi prende vita l’invisibile.

L’inconscio, la parte sommersa dell’essere si fa corpo, materia, abisso.


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