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Mario Cresci tra design e materia

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I grandi fotografi contemporanei: Mario Cresci

“Ciò che mi muove è il bisogno di entrare dentro le cose per conoscerle, entrare dentro le immagini per scoprire ciò che mi comunicano a livello percettivo e cognitivo”

Definire Mario Cresci un fotografo sarebbe sbagliato e riduttivo.

Mario Cresci è un’artista che usa la fotografia in maniera del tutto innovativa e sperimentale ricercando e trovando nel mezzo delle possibilità espressive spesso ignorate o trascurate.

Nelle sue opere il linguaggio visivo trova una nuova espressione, si nutre di contaminazioni che travalicano i limiti della rigida settorialità.

La fotografia vive accostata al disegno, alle forme geometriche, alla scrittura in un dialogo continuo tra forme e segni.

M. Cresci, Ritratti reali, 1972

Di origini liguri, Mario Cresci arriva a Venezia nel 1964, grazie ad una borsa di studio, per frequentare il Corso Superiore di Disegno Industriale.

In quegli anni inizia a produrre i primi lavori e a frequentare i gruppi artistici attivi sul territorio.

Entra, così, in contatto col gruppo che lavora a “Quaderno del Piano”, un progetto di riqualifica per un piccolo paese della Basilicata: Tricarico.

Nel 1967 parte per la Basilicata insieme a due giovani architetti, Ferruccio Orioli e Raffaele Panella con l’incarico di occuparsi della parte fotografica del progetto che dovrà portare alla elaborazione di un nuovo piano regolatore.

L’incarico segnerà una svolta importante nella vita dell’artista, sia dal punto di vista professionale che personale.

Il compito di Cresci è quello di fotografare gli interni delle case, entrare in contatto con la popolazione, costruire un dialogo, un percorso di conoscenza reciproca per comprendere a fondo la storia e la vita degli abitanti.

Il lavoro si conclude dopo un anno e nel 1968 Cresci si trasferisce a Roma dove entra in contatto con diversi esponenti di spicco dell’arte povera e concettuale rimanendo affascinato dall’opera di Boetti, Kounellis, Pascali.

Dopo una breve parentesi lavorativa in un’agenzia parigina, Mario Cresci torna in Italia e decide di trasferirsi in Basilicata, dove rimarrà per circa venti anni, affascinato ed attratto da un mondo così diverso da quello in cui si era formato.

Mario Cresci Analogie e Memoria (1967-1979)

Un mondo legato alla materia, alla terra, alla sapienza contadina, al fare artigiano, così distante dalla sua cultura di provenienza legata al design, alla tecnologia, all’industria.

L’incontro tra queste due anime sarà un grande stimolo creativo per la sua attività artistica.

Tra i lavori prodotti durante il periodo trascorso in Basilicata troviamo:

  • Interni mossi, una serie di immagini nelle quali la figura umana quasi scompare e lascia protagonisti gli interni e gli oggetti di arredo; 
  • Ritratti reali un lavoro sulla memoria composto da immagini prodotte in sequenze da tre, un progressivo avvicinamento al nucleo familiare ritratto nella propria abitazione insieme alle fotografie degli antenati
  • Analogie e Memoria, 56 collage composti, attraverso l’ausilio di una fotocopiatrice, da disegni, immagini (sue e di altri autori), testi, appunti
Cresci, Viaggio in Italia, Stigliano, 1983

Negli anni successivi Cresci continua il suo percorso di ricerca e di contaminazione dedicandosi, oltre che alla produzione, anche all’insegnamento in alcune delle più importanti realtà italiane tra cui:

  • l’Accademia di Brera
  • il Politecnico di Milano
  • l’Orientale di Napoli
  • l’ISIA di Urbino

Oltre alla partecipazione a diverse Biennali, ed a numerose esposizioni collettive e personali, alcune sue opere fanno parte della collezione del MOMA di New York.

Segni migranti, Giardini Naxos, 2013

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