Mimmo Jodice è uno dei fotografi più conosciuti e rappresentativi del panorama italiano ed internazionale.
La sua fotografia, frutto di un percorso lungo ed articolato, ha toccato nel corso degli anni vari settori fotografici molto diversi tra loro.
L’artista è partito da un approccio concettuale, legato soprattutto alle possibilità espressive del linguaggio fotografico, è passato per la fotografia sociale e di denuncia per dedicarsi, infine, dagli anni ‘80 in poi, al paesaggio nella sua declinazione più metafisica.
Mimmo Jodice nasce nel 1934 a Napoli nel popolare Rione Sanità.
Rimane, a soli 10 anni, orfano di padre e per aiutare sua madre a mantenere la famiglia è costretto ad abbandonare gli studi.
Questo non gli impedirà di sviluppare un fortissimo amore per l’arte che lo porterà ad avvicinarsi alla pittura, alla scultura ed al disegno.
La passione per la fotografia arriva, in maniera quasi casuale, quando gli viene regalato un ingranditore ed inizia le prime sperimentazioni.
L’arte della stampa, la magia della camera oscura e le sue possibilità affascinano il giovane Jodice tanto da convincerlo ad abbandonare le altre forme d’arte e a dedicarsi totalmente alla fotografia.
A Napoli, sul finire degli anni ‘60, c’è un grande fermento culturale.
La città è frequentata da noti artisti internazionali quali:
- Robert Rauschenberg
- Andy Warhol
- Joseph Beuys
- Hermann Nitsch
- Joseph Kosuth
- Jannis Kounellis
con cui il fotografo viene a contatto attraverso il gallerista Lucio Amelio.
Mimmo Jodice vive appieno questo clima di rinnovamento e riversa nella fotografia tutta la sua energia creativa facendosi notare e apprezzare per l’approccio innovativo e sperimentale al suo linguaggio.
Nel 1970 l’Accademia di Belle Arti di Napoli gli affida un corso sulla disciplina, introducendo, per la prima volta in Italia, l’insegnamento della fotografia in un percorso di studi artistici.
Ormai pienamente calato nel fermento politico e culturale di quegli anni, il fotografo predilige lavori di carattere sociale ed antropologico.
L’epidemia di colera a Napoli, le acciaierie di Terni, l’ospedale psichiatrico Bianchi diventano altrettanti soggetti di indagine della sua fotografia.
La svolta nello sviluppo della sua narrativa arriva nel 1980 con la pubblicazione di Vedute di Napoli.
Jodice abbandona la figura umana e la rappresentazione documentaria dedicandosi ad una nuova visione del paesaggio.
La città, lontanissima da una prospettiva stereotipata, è rappresentata attraverso scorci dalle atmosfere sospese, misteriose, fuori dal tempo e da precise collocazioni spaziali.
Da questo momento in poi l’artista non abbandonerà più la nuova cifra espressiva, che ritroviamo anche nella raccolta Mediterraneo.
Jodice intraprende un lungo viaggio nella storia, nella cultura e nella mitologia di questo luogo che è stato, per molti secoli, teatro di importanti vicende umane e politiche, realizzando una serie di immagini suggestive e di grande valore estetico e formale.
La fotografia di Mimmo Jodice è una fotografia lenta, frutto di ricerca e di riflessione.
Il tempo, nelle sue immagini, si dilata, diventa rarefatto, abbraccia l’infinito.
Il rumore del mondo appare lontano ed insignificante davanti alle sue opere che sembrano aprire un varco all’eternità.
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