Estate 1981, una Orizon bianca passa oltre al cartello “Provincia di Belluno, Arrivederci”, per incontrare subito dopo quello con scritto “Trentino-Alto Adige”.

Per una famiglia di Milano dei primi anni Ottanta arrivare in questo posto nuovo, aperto, fresco, con la roccia delle montagne che arriva quasi fino al paese è qualcosa che aspettano per tutto l’anno.

Lui ha le classiche camicie a quadri da montagna, lei una gonna svasata con un tessuto pesante che arriva quasi alle caviglie e un maglione legato in vita.

La figlia è una via di mezzo tra i due: maglietta comoda, maglione in vita e occhialoni a specchio come entrambi i genitori.

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Le vacanze si fanno in campeggio, si mangia in veranda a mezzogiorno e in roulotte a cena.

La macchina fotografica è per lo più al collo di lui, scatta foto che sono degli appunti per la memoria, appunti imperfetti, nei quali spesso non è inquadrata la punta della montagna, i piedi sono tagliati, l’inquadratura è storta, la foto è sovraesposta, ma non importa.

È importante il momento. Il ricordo.

Si scatta fotografie per ricordare e se ne scattano poche, pensate, ma mai troppe.

Si racconta delle tavolate con amici e parenti, si fanno foto in posa con le montagne sullo sfondo, si racconta della gita in giornata con pose buffe ma spontanee, che negli anni faranno sempre spuntare un sorriso.

Non ci sono quasi foto di paesaggi, o foto di passanti, il concetto del selfie è sconosciuto.

Sono gli anni in cui si va dall’ottico con i propri rullini dopo le vacanze e si dice: “stampa quelle che sono riuscite”.

L’attesa del momento della consegna delle stampe è come l’attesa della Vigilia di Natale, la figlia va con il padre a ritirare le immagini e portano a casa questa busta con dentro i loro ricordi, che stanno per vedere per la prima volta.

A volte capita che il rullino si rovini, a quel punto un senso di
delusione e amarezza accompagna lo sfogliare delle immagini, con un gran senso di perdita.

Non è il caso dell’estate ’81, quelle foto sono ancora lì, quasi quarant’anni dopo, che raccontano la loro storia: la storia di un’estate in cui la gente si vestiva in un modo diverso e di quelle persone che non sapevano che in quel posto ci sarebbero tornati per i successivi quarant’anni.


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