Vest Pocket Kodak, La fotocamera dei soldati – Un giorno qualunque di un anno qualunque, in una città qualunque.
La mia famiglia è nata nel 1912 a Rochester, negli Stati Uniti, grazie a papà George Eastman, il fondatore della grande dinastia della Kodak Company, per intenderci quella della Brownie, come lo spiritello dei cartoni animati…
Esatto, proprio quella che agli inizi del Novecento pubblicizzavano con lo slogan: «Voi premete il pulsante, noi facciamo il resto».
Infatti noi Vest Pocket Kodak siamo tutte piccole e maneggevoli, per questo ci chiamiamo “tasca del gilet”.
Siamo anche robuste, di razza forte, abituate a tutto, ad essere sbatacchiate qua e là, senza smettere di funzionare e di scattare ottime fotografie.
E poi diciamocelo, siamo pratiche e abbastanza autonome, con quel rullo da otto scatti.

Proprio per questo motivo la nostra popolarità è salita subito alle stelle e la stampa ha parlato di noi.
Conservo ancora qualche ritaglio di giornale, come quello della rivista The Amateur Photographer del gennaio 1912 che dice così:
«La Vest-Pocket Kodak non smentisce il suo nome ed è abbastanza piccola da poter essere portata nella tasca del gilet senza inconvenienti.
La sua precisione e finitura la rendono uno strumento desiderabile da possedere, sia per il principiante che per il lavoratore più avanzato che desidera una comoda fotocamera tascabile per prendere appunti fotografici, appunti che successivamente costituiranno la base di immagini di grandi dimensioni. La V.P.K. può inoltre essere trasportata sempre pronta per l’uso immediato».
Beh, mica male…
Proprio perché “da tasca”, siamo state le macchine fotografiche preferite dai soldati, che potevano portarci con loro nello zaino.
Vest Pocket Kodak: La fotocamera del soldato
Pensate che nella pubblicità fatta dal distributore italiano della Kodak, su L’Illustrazione Italiana del 21 novembre 1915, c’era scritto:

«Ogni ufficiale e soldato dovrebbe provvedersi dell’apparecchio Vest Pocket Kodak. Dato il suo piccolo formato e minimo peso può essere comodamente portato in una tasca della divisa, senza alcun disturbo».
E infatti ci chiamano anche “la fotocamera del soldato”!
Chissà quante foto dei vostri nonni, durante la Grande Guerra, sono state scattate con questa fotocamera…
Ma non solo, in famiglia si racconta la storia di George Mallory e Andrew Irvine, due alpinisti inglesi che nel 1924 avevano tentato la scalata dell’Everest.
Non solo non erano tornati, non si sa neanche se fossero riusciti a raggiungere la cima.
Di sicuro si sa che uno dei due aveva con sé una fotocamera Vest Pocket di proprietà di un membro della spedizione, il chirurgo e alpinista Howard Somerwell.
Se fosse ritrovata, dalle fotografie scattate si potrebbe chiarire il dubbio sull’effettivo esito della spedizione: come ogni famiglia che si rispetti c’è sempre un mistero o un segreto da raccontare.
La cosa bella della Vest Pocket è che siamo tantissime, ma non tutte uguali.
C’è quella con il fuoco fisso, le più anziane, e con la messa a fuoco variabile, le moderne, chi usa la pellicola 127 chi la 120, diversi modelli per differenti velocità di scatto, o altre migliorie di questo genere.

Però devo dire che la più originale sono io, nata nel 1914, che di secondo nome faccio “Autographic”, e c’è un motivo preciso.
L’anno prima il signor Henry Gaisman aveva brevettato una pellicola con una sottile striscia carta carbone in tessuto, sistemata tra la pellicola e la carta di protezione.
Se incidevi sulla protezione in carta, il segno rimaneva sulla pellicola al di sotto.
Papà Eastman ha comprato l’invenzione e ha creato il mio modello, l’Autographic, con uno sportellino sul retro, che si apriva per permettere di scrivere con una punta in metallo, molto utile per segnare data o luogo di scatto o altro.
Noi Vest Pocket ne sappiamo una più del diavolo!!!
Nonostante questo, però, la mia famiglia si è estinta, sia pure serenamente, nel 1926 per colpa della concorrenza tedesca della fotocamera Leica, che usava la pellicola cinematografica 35 millimetri, più piccola ma che permetteva più scatti con un solo rullo.
Adesso sono rimasta solo io e qualche altra sorella e, più o meno malmesse, abitiamo a casa dei collezionisti di tutto il mondo.
* * *
Il racconto che avete appena letto trae spunto da un esemplare di Vest Pocket Kodak Autographic, che fa parte della collezione del mio amico Piergiorgio Bartolacci di Tuscania.

Questa piccola fotocamera, come raccontato scherzosamente da “sé stessa”, ebbe veramente un grande successo per i circa dieci anni di produzione, sia per la resistenza nel trasporto e che per la praticità nell’utilizzo: fra tutti i modelli, tra il 1912 e il 1926, vennero venduti più di due milioni di esemplari.
Durante la Grande Guerra la presenza fra i soldati di ogni schieramento di fotocamere di piccole dimensioni, come la Vest Pocket, creò gravi problemi per la difficoltà di controllo, da parte dagli alti comandi, della diffusione di immagini considerate “sensibili”.
Scene di disfatte sul campo, di morti, di fucilazioni, ma anche di spostamenti di truppe, potevano provocare fuga di informazioni con conseguente interesse per lo spionaggio avversario.
Perciò si arrivò anche a proibire di portare queste piccole fotocamere al fronte, pena il sequestro.
Ma le fotografie erano importanti per illustrare gli articoli scritti dai giornalisti, che però non erano ammessi in prima linea o nelle retrovie; cosi i redattori di qualsiasi giornale pagavano mille dollari per ogni fotografia scattata dai soldati, un premio pari a dieci volte lo stipendio di un tenente.

Non solo veniva chiamata “Soldier’s camera”, ma il modello B era commercializzato come “Boy Scout Kodak” e “Girl Scout Kodak”.
L’episodio della scalata dell’Everest dimostra che era preferita anche dagli alpinisti, dal momento che non era ingombrante.
Per quanto riguarda la fotocamera scomparsa di Mallory e Andrew, i tecnici della Kodak affermano che, se ritrovata intatta, la pellicola potrebbe essere ancora recuperabile, offrendo preziose informazioni sulla spedizione e svelare i dubbi se i due scalatori morirono prima di arrivare sulla cima dell’Everest o nella discesa.
La Vest Pocket Kodak è una fotocamera a soffietto, quindi con obiettivo retraibile grazie a un pantografo a due bracci.
Inizialmente usava una pellicola formato 127 (cm 4×6,5), da otto pose, per passare in seguito alla pellicola 120 (cm 6×6), più economica.
Il peso è di 260 grammi e le misure 25x60x120mm (chiusa), quindi di poco ingombro e poco peso.
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