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Sarah Moon e la sua fotografia evanescente, impalpabile ed evocativa

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“Ciò che vediamo non è fatto di ciò che vediamo, ma di ciò che siamo” F. Pessoa

Con questa citazione di Fernando Pessoa termina un’intervista di Sarah Moon a L’Express, rivista per la quale aveva pubblicato le sue prime fotografie nel 1967.

Una frase emblematica che l’artista sceglie per rappresentare il suo fotografare impalpabile ed evocativo.

Nata in Francia nel 1941 da una famiglia di origine ebraica, Sarah Moon, al secolo Marielle Warin, durante la seconda guerra mondiale è costretta a fuggire in Inghilterra.

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Dopo aver studiato disegno, inizia, nel 1960, la sua carriera di modella.

Carriera che le permetterà di lavorare con i più grandi nomi della fotografia contemporanea consentendole di conoscere le dinamiche del set e l’uso delle luci, fino a quando nel 1966, in maniera quasi casuale, sarà chiamata a sostituire un fotografo assente dal set e realizzerà il suo primo shooting di moda.

Per la pubblicazione del primo servizio sceglie di non firmarsi col nome usato da modella e diventa Sarah Moon.

Le sue immagini si discostano totalmente dallo stile del periodo.

Le modelle, nelle sue fotografie, appaiono lontane, evanescenti, in pose che spesso ne nascondono il viso o parti del corpo attraverso tagli e sfocature.

La combinazione di questi elementi, insieme all’utilizzo di pellicole polaroid manipolate, agli ISO elevati ed ai tempi di scatto lenti, donano alle sue fotografie un aspetto irreale e sfuggente.

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Il soggetto perde la sua connotazione concreta per entrare in un immaginario cercato dall’artista attraverso lo studio continuo dell’inquadratura, del punto di vista, dei movimenti della modella, delle curve del corpo e dell’abito che indossa, ma soprattutto attraverso l’istante magico in cui ciò che si trova davanti all’obiettivo riflette la sua interiorità.

Sarah Moon e il Calendario Pirelli 1972

Sarah Moon è ancora all’inizio della sua carriera quando viene contattata dal direttore creativo di The Cal, Derek Forsyth, per realizzare gli scatti dell’anno 1972.

Una vera innovazione per il calendario, nato nel 1964, che sino ad allora aveva visto succedersi alla sua realizzazione solo fotografi maschi.

Il lavoro fu realizzato a Villa Les Tilleuls in una piccola cittadina francese.

La Moon si occupò direttamente di tutte le scelte del set: dall’abbigliamento vintage, alla location, al make up fino a quella delle modelle, dall’aspetto simile e fisicamente lontane dallo stereotipo delle pin-up in voga all’epoca.

Giochi di specchi, pannelli decorati, lampade dalla luce calda, oggetti dal sapore antico fanno da sfondo a questo lavoro composto da una serie di immagini, scattate per la maggior parte in interni, nelle quali le modelle, ritratte in situazioni di intima complicità, appaiono distanti, stanche, lontane dagli sguardi dell’osservatore.

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La grana molto evidente, il basso contrasto, la luce diffusa danno alle fotografie una connotazione pittorica che richiama lo stile impressionista e, più in particolare, la delicatezza delle ballerine di Degas.

Quello della Moon è un lavoro romantico e nostalgico, intimo e malinconico.

Le figure più che imporsi sembrano fuggire via, scomparire, sottrarsi alla visione come vecchie fotografie ormai sbiadite dal tempo.

Nella sua poetica si intrecciano in maniera indistinguibile, vita e morte, bellezza e malinconia.

I piani dell’immagine si confondono e ci confondono trascinandoci in un mondo immateriale nel quale non sono più riconoscibili i confini tra realtà e sogno.

Calendario-Pirelli-1972

Per 15 anni la fotografa ha lavorato quasi esclusivamente nel settore della moda (Dior, Cacharel, Comme des Garçons sono alcune delle case di moda che le hanno affidato la loro immagine) avendo sempre al suo fianco Mike Yavel, suo assistente ed “occhio sinistro”.

La tragica e prematura morte di Yavel produce un cambio di prospettive nel lavoro e nella vita dell’artista che da quel momento decide di dedicarsi in maniera più intensa alla sua visione personale rivolgendo lo sguardo anche al mondo animale e vegetale.

Tra i numerosi riconoscimenti alla sua opera il Dada d’argento e oro per la fotografia di moda nel 1972, il Lion d’Or pubblicitario cinematografico per la campagna Cacharel nel 1979, il Grand Prix national de la photographie nel 1995 ed il prestigioso Prix Nadar nel 2008 per libro 1 2 3 4 5 composto da 5 piccoli volumi.


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