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Raghu Rai – L’occhio dell’India

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Rush-at-Local-Train-Church-Gate_-Mumbai.-©Raghu-Rai.-Folla-alla-stazione-Curch-Gate-a-Mumbai.

Siete mai stati in India? Io no, ma me la immagino come una nazione immensa, con contrasti e armonie, antiche tradizioni ma dove la modernità dilaga.

Una nazione che racchiude moltissime culture diverse, riti e colori.

Le celebrazioni come l’Holi, il celebre festival dei colori in cui le persone si cospargono di polveri colorate per celebrare la rinascita e la reincarnazione, sono solo una delle tante espressioni di questa nazione.

Insieme a questa, si trovano feste religiose e popolari meno conosciute, che contribuiscono comunque a rendere l’India un hotspot culturale unico.

Prima dell’avvento della fotografia, in India trovavamo una ricca tradizione artistica che univa principalmente pittura e scultura come strumenti di narrazione religiosa principalmente.

Con l’arrivo della fotografia nell’Ottocento, durante il periodo coloniale britannico, il Paese divenne oggetto della nuova tecnologia della fotografia.

Da un lato arrivarono i fotografi occidentali, come Samuel Bourne e John Edward Saché, che portarono le prime immagini dell’India in Europa.

Dall’altro si svilupparono i primi fotografi locali, tra cui Lala Deen Dayal, che seppero dare una prospettiva interna, restituendo un’immagine meno esotica, colonialista, e più autentica.

Questo dialogo tra tradizione visiva e nuovi linguaggi tecnologici ha aperto la strada a generazioni di fotografi indiani, fino ad arrivare a figure come Raghu Rai.

Raghu Rai, dopo diversi lavori nei giornali come fotografo e fotoeditor, nel 1977 è entrato a far parte della prestigiosa agenzia Magnum Photos, su proposta di Henri Cartier-Bresson, diventando uno dei pochi fotografi indiani ad averne fatto parte.

Come curiosità, se si viene proposti da un membro interno a Magnum, si hanno molte più possibilità di entrarne a far parte, nel caso voleste tentare.

La carriera di Raghu Rai

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Raghu Rai nasce nel 1942 a Jhang, allora sotto il dominio britannico, pochi anni prima dell’indipendenza dell’India (1947).

A vent’anni scopre la fotografia grazie al fratello maggiore, il fotografo S. Paul.

Non avevo alcuna intenzione di diventare un fotografo. Mio fratello maggiore era un appassionato fotografo. Un giorno stavo andando con uno degli amici di mio fratello al suo villaggio. Dissi a mio fratello: “Dammi una macchina fotografica, farò qualche scatto”. Fu così che per la prima volta mi ritrovai con una macchina fotografica a tracolla.

Dopo quell’esperienza sceglie di dedicarsi alla fotografia in modo professionale, concentrandosi sul fotogiornalismo.

Nel 1965 diventa capo fotografo del quotidiano The Statesman, per poi passare al settimanale Sunday e in seguito a India Today, dove contribuisce a definire lo standard del fotogiornalismo indiano.

Essere un fotoreporter mi ha dato dei privilegi. Mi ha permesso di accedere a situazioni particolari. Ho incontrato primi ministri e musicisti, Satyajit Ray e Madre Teresa. Sono state esperienze molto significative per me.

La sua fotografia gli ha consentito di raccontare non solo eventi storici, ma anche la vita quotidiana e la complessità sociale del suo Paese.

Dalle celebrazioni religiose alle metropoli caotiche, dai villaggi rurali alla spiritualità, Rai restituisce un ritratto autentico dell’India.

Il suo fotogiornalismo

Durante la sua carriera da fotografo ha messo la firma anche su grandi progetti documentari.

Tra tutti, il suo libro Tibet in Exile, è un reportage fotografico della vita in esilio del Dalai Lama e delle persone intorno a lui.

Come il Dalai Lama, anche Rai ha dovuto lasciare la sua terra natia a cinque anni, quando il Pakistan si è separato dall’India.

Darjeeling-Himalayan-Railway-Toy-Train_-India-1995.-©Raghu-Rai

È importante non lasciarsi influenzare dalle emozioni quando si lavora. Se ci si lascia influenzare dalle emozioni, che siano tragedia, vergogna o felicità, tali emozioni si riflettono nel proprio lavoro. Il compito di un giornalista o di un fotografo è quello di catturare e riflettere la verità, ciò che sta realmente accadendo in una situazione, sia dal punto di vista emotivo che politico. La macchina fotografica ti difenderà e ti proteggerà sempre.

Inoltre, con Greenpeace ha realizzato un reportage profondo sul disastro chimico di Bhopal del 1984, in India, raccontando non solo l’evento ma anche le conseguenze che, decenni dopo, ancora colpiscono i sopravvissuti.

Attraverso le sue immagini, Rai cerca di dare voce a chi è rimasto invisibile, contribuendo a mantenere alta l’attenzione internazionale.

Nel 1992 ha firmato una celebre storia per National Geographic, “Human Management of Wildlife in India”, dedicata alla gestione della fauna selvatica in India, ricevendo grande riconoscimento internazionale, tanto da vincere il premio “Photographer of the Year” negli Stati Uniti.

Rai è stato inoltre insignito del Padma Shri nel 1971, uno dei massimi riconoscimenti civili dell’India, mai assegnato prima a un fotografo.

Ha fatto anche parte della giuria del World Press Photo per tre volte e della giuria del concorso fotografico internazionale dell’UNESCO in due occasioni.

La struttura e la composizione derivano dagli elementi che compongono la vita quotidiana. Se non sei ossessionato dalle regole e dalle norme della composizione, crei una struttura adeguata alla situazione. La tua fotografia acquista così una forza e una freschezza tutte sue. La spontaneità immediata è molto importante.

Per approfondire:


E te? Sei mai stato in India? Hai vissuto la stessa India di Raghu Rai e l’hai fotografata?

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