L’importanza della profondità di campo (PDC).
La profondità di campo nella fotografia è di fondamentale importanza per rendere al meglio l’immagine che vogliamo realizzare.

Ormai esistono sul mercato ottiche dalle prestazioni eccellenti, di elevata luminosità e di conseguenza con la caratteristica di poter avere un controllo molto preciso della sfocatura.
Ottiche dedicate al ritratto hanno aperture ormai ben più ampie di F 1,8…ci sono moltissime case costruttrici che propongono aperture F 1,4 e perfino F 1,2.
Sappiamo tutti cosa vuol dire avere un’ottica con F 2 oppure con F 1,4:
è due volte più luminoso.
Scattare con questi obiettivi a tutta apertura è un piacere:
posso decidere di avere solo un preciso punto a fuoco ed il resto non a fuoco, con un gradevole passaggio tra una zona e l’altra.
Sebbene questo sia un vantaggio creativo bisogna stare molto attenti al punto di messa a fuoco:
in un ritratto si corre il rischio di mettere a fuoco le ciglia invece della pupilla, bisogna prestare particolarmente attenzione.

Ovviamente a valore più basso (per esempio F 2,8) corrisponde una profondità di campo minore e a valore più alto ( per esempio F 16) corrisponde una maggiore.
Per di più la profondità di campo non si comporta in modo omogeneo:
a tutti sarà capitato di fotografare una tavolata di amici…dove posso puntare la messa a fuoco?
Ebbene bisogna conoscere il comportamento fisico delle ottiche.
La profondità di campo è così distribuita rispetto al punto di messa a fuoco: si avrà in proporzione 1/3 di area davanti al soggetto e 2/3 dietro.

A diaframma più chiuso si avrà una maggiore profondità di campo ma sempre seguendo la regola 1/3 -2/3, indipendentemente dalla distanza di messa a fuoco.
Come esempio pratico, duranti i corsi di fotografia base, si posizionano 4 oggetti equidistanti e si effettuano 4 scatti , ognuno con la messa a fuoco su uno dei soggetti.
Ebbene la messa a fuoco sul secondo soggetto, combinato con l’opportuno diaframma e la dovuta distanza fa in modo di avere tutto a fuoco.