Questo articolo è la seconda parte di una serie, se non l’hai ancora letto qui puoi trovare la prima parte!

Il primo approccio con la Fujifilm GFX 100 è stato cauto.

Le dimensioni e il peso della macchina sono decisamente “importanti”:

la Fujifilm GFX 100 non fa certo mistero di essere una macchina fuori dagli standard.

L’aspetto che i designer Fuji le hanno conferito è molto spartano, essenziale.

Il body è squadrato, con doppia impugnatura già integrata (per scattare indifferentemente sia in verticale che orizzontale).

Già questo approccio costruttivo fa capire, da subito, come questa Fuji non sia stata concepita per scattare solo da cavalletto, bensì tenuta in mano dal fotografo.

Caratteristica molto interessante è il mirino, digitale, di altissima qualità, smontabile, per lasciar spazio ad altre soluzioni o futuri modelli.

Mossa decisamente intelligente visto l’importanza dell’investimento richiesto che ricorda la modularità dei classici del genere (analogico) che potevano alternare diverse soluzioni di mirino (pozzetto, pentaprisma, etc).

Per inquadrare, ovviamente, è possibile utilizzare anche il comodo e snodatissimo display che si muove su tre assi, essendo sia basculante che incernierato su un lato.

Fujifilm GFX 100

Tuttavia, l’utilizzo migliore della macchina è lo scatto thetering tramite pc remoto, in studio.

Il bocchettone per l’innesto delle lenti è enorme e dietro fa bella mostra di sé il sensore da 100 megapixel che è anche stabilizzato.

Come è ovvio aspettarsi anche le lenti sono di dimensioni e pesi superiori alla norma:

ho provato i Fujinon GF 110mm f/2 e 63mm f/2, rispettivamente equivalenti ad un 85 e 50 mm nel formato 35mm.

Particolarità da segnalare è la presenza della ghiera dei diaframmi sull’ obiettivo (di default, infatti, le due ghiere sul corpo macchina regolano Tempi e ISO).

Nonostante il suo approccio e il suo design da macchina fotografica, quasi classica, la GFX100 non mi è parsa particolarmente maneggevole, e infatti è una macchina che va usata con metodo dopo aver studiato lo scatto.

I file che genera sono di dimensioni notevoli (circa 100 mega per un Raw e la metà per un Jpeg) pertanto il tempo di reazione tra uno scatto e il successivo non è immediato:

e io sono abituato a lavorare con timing decisamente diversi.

L’autofocus, su scatti pseudo statici, si è rivelato molto preciso (mentre qualche problema in più l’ho avuto io con la gestione della PDC, finché non ho preso le misure).

Dove davvero la Fujifilm GFX 100 lascia senza parole è quando si va a guardare che cosa produce, ossia il file.

I Raw hanno una quantità impressionante di informazioni e una definizione che sembra infinita.

Il file può essere ingrandito all’infinito mantenendo una qualità impressionante.

Tutta questa quantità di informazioni digitali, si tramuta nella possibilità di avere dettagli definiti anche nelle zone più scure e anche in caso di recuperi importanti delle ombre.

Ecco un ritratto della bellissima Route, eseguito in luce flash, nel mio studio.


Non perderti le mie conclusioni sulla GFX100!

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