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Fotografie che annegano in altre fotografie

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Internet, all’interno della società ipermoderna in cui viviamo, ha la capacità di farci sentire dentro la Storia, molto più che nei decenni passati, ma con la frustrazione di renderci conto che non possiamo controllarla.

Questo genera varie sensazioni, dal panico alla necessità di maggior consapevolezza, ma in ogni caso si sfocia in una cosa sola: l’aumento dell’individualismo, in ogni aspetto della vita.

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I social sono un’ottima cartina tornasole, costellati di selfie e di autocelebrazione

L’obiettivo è l’autorealizzazione, l’autoespressione, l’autodeterminazione, con il triste risultato che a darci, a concederci, tutte queste cose “auto” in realtà sono gli altri, cliccando sul pulsante “like” oppure “follow”.

Questo porta ad un circolo vizioso nel quale cerchiamo di rendere tutto quello che facciamo interessante ed esteticamente accattivante, al fine di essere fotografato e mostrato al mondo.

Mondo che mediamente ha lo stesso interesse a vedere ciò che pubblichiamo di quando legge una rivista di gossip.

È la natura voyeuristica dell’essere umano a far funzionare i social con tanta
efficacia.

fotografia di un concerto

La società ipermoderna ha la caratteristica di accelerare qualsiasi cosa

Per un motivo o per l’altro si deve sempre correre e produrre, l’urgenza e la quantità spesso equivalgono alla qualità, anche dove sappiamo bene che né l’urgenza né la quantità hanno a che fare con la qualità.

Così succede alle immagini, che hanno urgenza di esistere perché noi abbiamo urgenza di affermare la nostra esistenza, portando ad un inevitabile fenomeno di massificazione.

La finalità di tutto questo è di essere sempre di più sé stessi, aspirando sempre al massimo, il tutto attraverso l’immagine che diamo di noi stessi.

È la nostra immagine a renderci vivi e a renderci ciò che siamo.

È un gioco perverso in un certo senso, in cui il coltello dalla parte del manico ce l’hanno in maniera indiscussa le fotografie.

In questo mare creato dal caos delle immagini che hanno fretta di esistere si perdono le fotografie importanti, quelle che sanno davvero raccontare il nostro tempo, utilizzando le varie declinazioni della fotografia.

Semplicemente annegano.

Non è né giusto né sbagliato, è semplicemente così: la democrazia di internet.

C’è talmente tanto da essere impermeabile.

La domanda che dobbiamo porci allora è: quali immagini mancano?

Quali sono scomparse? Quali sono proibite? Dove la fotocamera non può (o potrebbe) entrare?

Un mio professore ha passato due anni a ricordarci:

“Tutto è già stato fotografato ed è stato fotografato infinite volte”

ma cosa possiamo dare ancora noi alla fotografia?

Ricordiamoci che l’immagine è parte di un’evoluzione tecnica, sociale ed economica.

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