Samuele Ripani nasce nel 2001 a San Benedetto del Tronto dove segue i primi corsi di fotografia nel 2017.
Oggi vive a Roma dove ha frequentato per due anni l’Accademia di Belle Arti.
Dall’inizio del suo percorso, i suoi lavori sono stati pubblicati circa venti volte su riviste di fotografia di ritratto, anche estere ed internazionali.
Ha partecipato a mostre d’arte e collettive fotografiche a Venezia, Roma, Messina, Albano Laziale.
Dietro le fotografie che realizza, c’è una ricerca sempre più complessa e profonda del proprio IO, elaborando e materializzando il negativo della vita.
Qual è il tuo genere fotografico preferito?
Non posso non rispondere che sia il ritratto, che è il centro della mia produzione fotografica.
Scatto prevalentemente a soggetti femminili, che reputo più adatti ai fini della mia espressione artistica.
È proprio grazie a questo genere che ho avuto modo di esprimermi al meglio, trovare un mio stile, un mio pensiero.
Mi ha permesso anche di scoprire un po’ più dell’Italia, viaggiando per le mostre a cui ho partecipato.
Ma soprattutto mi ha dato modo di cambiare un po’ la mia indole molto chiusa e diffidente, arrivando addirittura ad avvicinarmi e fare amicizia con persone mai viste prima per ritrarle.
Qual è il tuo primo ricordo legato alla fotografia?
Sicuramente i tanti pomeriggi passati al molo del paese abruzzese dove sono cresciuto, Martinsicuro.
Lì ho passato diverse ore a sperimentare più inquadrature possibili e giochi di luce per cominciare a capire cosa era il ritratto (per me ancora sconosciuto e senza senso!).
Ogni tanto quando torno in questo paesino e passo per il molo mi fermo sempre quei due minuti in più a ripensare a quei momenti e a quanti poveri amici ho trascinato lì per farsi fare qualche foto bruciata e storta!
C’è un’artista a cui ti ispiri o che ritieni fondamentale nel tuo percorso?
Non ho mai avuto punti di riferimento effettivi per quanto riguarda l’esprimersi artisticamente.
Il mio studiare altri artisti è molto più incentrato sulla tecnica, che vorrei conoscere al meglio e saper sfruttare nel migliore dei modi per portare la mia idea di fotografia e di quel mondo che vedo attraverso di essa.
Certo, tecnicamente ho sempre preso spunto da artisti molto più in alto e capaci di me e alle volte capita tutt’ora che io lo faccia.
Ma non ho mai voluto spersonalizzarmi troppo nel pensiero che mettevo dietro le foto, a quello che volevo raccontare.
Quali sono le fotografie iconiche che vorresti aver realizzato tu?
Foto che mi hanno sempre affascinato sono quelle scattate da Robert Capa il 6 giugno del ’44, durante il D-Day.
In quegli scatti è racchiusa tutta la frenesia e la sofferenza dei soldati che andavano incontro a morte quasi certa.
Mi sarebbe piaciuto essere stato l’autore di quegli scatti, ma poi penso a quello che avrei dovuto vedere, vivere e rischiare per poterle ottenere e ovviamente mi tiro indietro.
Un peccato, poi, che delle 144 foto circa scattate da Capa durante lo Sbarco se ne siano salvate solo 11 durante lo sviluppo dei rullini.
Parlaci del tuo scatto che ti ha dato maggiore soddisfazione.
Sicuramente la foto che ho intitolato “Plenus”, scattata all’attrice e modella Maria.
È una foto a cui ho dedicato molto tempo; il tutto è stato molto divertente, oltre che complesso.
Ho passato quasi una settimana intera cercando il prodotto giusto per realizzare le lacrime nere, farle sembrare vere e, soprattutto, non rendere ipovedente Maria.
Era la prima volta che utilizzavo un vero e proprio prodotto del cinema di quel tipo e provarlo prima su di me per vedere se tutto era ok è stato qualcosa di veramente divertente e insolito.
Ho poi usato il liquido per realizzare il ritratto intervenendo direttamente sugli occhi del soggetto e il risultato è sicuramente soddisfacente.
Tra l’altro ho avuto il grande piacere di esporre quel ritratto in una collettiva fotografica a Roma.
Parlaci un po’ della tua attrezzatura!
Sono da sempre un Nikonista.
Dopo aver usato per parecchio tempo una Nikon D300, ho voluto fare un balzo evolutivo del corpo macchina (ma non troppo), acquistando una full frame Nikon D700, che attualmente uso.
Scatto principalmente con lenti fisse, uso un 105mm, un 85mm e un 50mm che mi accompagna fedelmente già da prima dell’acquisto del corpo macchina full frame.
Che consiglio daresti a chi si affaccia oggi per la prima volta al mondo della fotografia?
Ogni percorso è sempre diverso dagli altri, per questo quando mi si chiede “Come fare”, non riesco mai a dare una risposta precisa.
Ci sono sicuramente, però, dei punti che accomunano tutti coloro che riescono a fare fotografia per tutta la vita e diventano sempre più grandi.
Studiare molto, sperimentare ancora di più e proporsi sempre.
Avere del buon materiale da guardare e saperlo presentare a chi può portarlo un po’ più in alto è una strategia che spesso funziona.
Quali sono i tuoi sogni nel cassetto?
Il mio sogno più grande è sicuramente quello di riuscire a continuare con la fotografia di ritratto e magari anche con l’insegnamento.
Oltre che a scattare, ho scoperto che amo molto anche riuscire a trasmettere la mia passione alle persone che con la fotografia partono da zero, o vogliono scoprire qualcosa di nuovo sul mondo del ritratto, dal semplice funzionamento della macchina fotografica, alla psicologia in fase di scatto e ciò che vede l’osservatore.
Puoi trovare Samuele Ripani su:
IG – Photo Vogue – Flickr – Kavyar
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