Vivere la montagna, catturarne l’essenza ed essere creativi non è cosa da tutti.

In montagna non si pensa, non si studiano gli scatti a tavolino e non possiamo nemmeno dedicare troppe attenzioni all’attrezzatura.

Sto parlando di situazioni critiche, fisicamente estenuanti e mentalmente stressanti.

Come fotografare in montagna grazie alla riscoperta del minimalismo

Lavorando in montagna ho riscoperto il piacere del minimalismo e così di conseguenza la vera essenza della fotografia, allontanandomi da inutili distrazioni, pesi e tutto ciò che distoglie la mia attenzione dal momento presente. 

Fotografare in montagna è già difficile di per sé ma cosa succede se siamo chiamati a realizzare degli shooting commerciali in ambiente alpino?

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In questi casi non si può sbagliare, non ci possiamo permettere di sentirci affaticati, stanchi e impacciati. Impacciati per la troppa attrezzatura o per quella sbagliata. 

Grazie alla collaborazione con Toscana Foto Service in qualità di importatore esclusivo della casa produttrice Sirui, ho capito che è ancora possibile trovare un punto d’incontro tra la libertà creativa dell’artista e l’attrezzatura utilizzata.

Mi spiego meglio. 

Non sono mai stato un fan dei cavalletti, dei filtri e di tutti quegli accessori che hanno reso l’impossibile possibile ma in certe situazioni l’utilizzo di quest’ultimi è davvero fondamentale.

Durante la mia ultima spedizione sul Gran Paradiso sapevo già cosa mi sarebbe aspettato:

  • Una camminata su pendii ripidi
  • Crepacci profondi più di 60 metri
  • Raffiche di vento destabilizzanti

Tutto questo avrebbero reso l’intero processo produttivo molto più complicato da gestire.

Facendomi così scegliere un set up di attrezzatura studiato nei minimi dettagli!

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Solo l’essenziale, due fotocamere, due lenti, batterie e il cavalletto Sirui T-2005SK e la testa a sfera SIRUI K-30II.

La scelta di portare due fotocamere con montate due lenti dalla lunghezza focale differente è scaturita dalla difficoltà di effettuare il cambio lente con raffiche di vento forti o con le mani gelate soprattutto durante le fasi in cordata su ghiacciaio. 

La decisione di portare il cavalletto con me è stata ardua da prendere.

Da un lato avrei avuto la possibilità di realizzare scatti notturni dall’altro uno zaino molto più leggero viste le cinque ore di avvicinamento.

Considerando il fatto che si trattava di uno shooting commerciale ho preferito portarmi il cavalletto che ho poi lasciato al primo rifugio la sera prima della scalata finale.

La scelta è stata quella giusta, infatti mi ha permesso di realizzare degli scatti che a mano libera sarebbero risultati ricchi di rumore digitale rendendo così le immagini non commercializzabili.

Parlando di tecnicismi, il cavalletto si è comportato egregiamente bene, facile da utilizzare, dal design pulito e privo di punti di incastro.

Il punto di forza del Sirui T-2005SK è il compromesso tra la sua leggerezza e la sua stabilità

Non ho mai creduto a quegli spot pubblicitari che promuovono cavalletti ultraleggeri adatti anche in situazioni estreme e infatti questo Sirui ne è la riprova.

In montagna quello che conta non è solo la leggerezza, ma anche il senso di stabilità e di robustezza che l’oggetto ci dà in fase di scatto.

Senza ombra di dubbio la casa produttrice Sirui sta facendo passi da gigante e i suoi prodotti ne sono la riprova, andando così a soddisfare sempre più le esigenze dei fotografi. 

Alcune immagini realizzate con il cavalletto

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