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Una foto, una storia: Eva ed Endre, la luce per amica

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Eva Besnyo e Endre

Budapest, un giorno qualunque di un anno qualunque.

Sono vecchio e stanco, ho passato tutta la vita a lavorare come impiegato chiuso nell’ufficio del ministero per mantenere la mia famiglia, e all’improvviso con la vecchiaia sono arrivate tutte le malattie e i disturbi dell’età.

Adesso sono costretto a trascorrere le giornate seduto in una poltrona davanti alla finestra, di cui riconosco a stento i contorni.

Ma se la vista non funziona, gli occhi della mente ci vedono benissimo.

Così trascorro le giornate, quelle che ancora mi restano, a ricordare il passato, come se leggessi un libro di storia o vedessi un film di quei tempi.

Mi ricordo, ad esempio, di quella bambina dolce, diventata poi una bella ragazza, che abitava al piano sotto al mio, nel Pilvax Passage, in via Varoshaz, in pieno centro a Budapest.

Quando la sera tornavo stanco dall’ufficio, dov’ero stato per tutto il giorno, la trovavo seduta sui gradini delle scale, spesso insieme a un bambino più piccolo di pochi anni, che abitava sullo stesso pianerottolo; si chiamavano Eva ed Endre, ma per tutti lui era ‘Bandi’, non avevo mai saputo per quale motivo.

Éva Besnyő - Autoritratto - Coll. Istituto Maria Austria di Amsterdam (1931)

Mia moglie mi aveva raccontato che la madre di lei, Ilonka, non vedeva di buon occhio quell’amicizia perché i Friedmann avevano un negozio, un salone di moda ben avviato d’accordo, ma erano sempre dei commercianti; e poi quel ragazzino andava in giro con i capelli lunghi e gli abiti sempre sgualciti, non era una buona compagnia per la loro figlia.

Al contrario la famiglia Besnyö era di un livello superiore, il padre era un fior di avvocato e avevano un tenore di vita più elevato.

Infatti, per i sedici anni di Eva, suo padre Bela le aveva regalato una bella macchina fotografica, una Kodak Brownie: mi ricordo quanto era stata felice, l’aveva fatta vedere a tutti gli abitanti del palazzo, non se ne separava mai.

Quando aveva del tempo libero la potevi vedere in giro per Budapest con quella scatoletta nera e insieme, come se fossero una cosa sola, c’era sempre Endre.

Ti capitava spesso di vederli seduti sulle scale come una volta, ma non giocavano più, guardavano invece le foto che avevano scattato al porto o nei cantieri, oppure i contadini al lavoro nei campi.

Qualche anno più tardi, Eva aveva ricevuto una seconda macchina fotografica, mi hanno detto che si chiamava Rolleiflex e che era più costosa della prima, ma si sa, suo padre era avvocato e la madre non perdeva occasione per ricordarlo a tutti i condomini.

Mia moglie, che raccoglie i commenti di tutto il palazzo, mi ha detto che quando Eva aveva deciso di trasferirsi a Berlino, per studiare fotografia seriamente, i suoi genitori si erano preoccupati: d’altra parte mandare una ragazza di appena vent’anni, sola, in una città straniera, e poi in un mondo tutto di uomini più grandi…

Eva Besnyö - Casa estiva degli architetti Merkelbach & Karsten - Coll. Lara Brusse, Amsterdam (1934)

Ma non c’era stato niente da fare, lei era una testarda, uno spirito libero, per questo andava d’accordo con Endre, anche lui ribelle, che a diciassette anni era stato arrestato dalla polizia perché manifestava in piazza contro il governo.

E qualche anno più tardi anche Endre era andato a Berlino, ed era stato meglio così perché a Budapest il clima politico di quegli anni si era fatto caldo, troppo caldo.

Io e i miei colleghi del ministero dovevamo stare zitti e buoni, altrimenti addio lavoro, ma i giovani non si trattenevano da mostrare la loro opposizione al governo di Horthy.

Nel giro di poco se ne erano andati in tre da quel palazzo: Eva e i due fratelli Friedmann, Endre e Kornell, lasciando soprattutto due madri preoccupate per i figli in giro per il mondo e soprattutto per le loro idee troppo pericolose.

Quando l’aria era peggiorata anche a Berlino, Eva era andata ad Amsterdam, mentre Endre era fuggito a Parigi, per sicurezza.

Eva Besnyö - Senza titolo (Amsterdam, 1976)

Anche i loro genitori avevano lasciato Budapest, per colpa di essere ebrei; però l’avvocato Bela era stato arrestato dai tedeschi e mi hanno detto che era poi morto ad Auschwitz, invece Eva si era salvata grazie a un documento falso che la dichiarava ariana.

Così ci aveva scritto, a guerra finita, una delle sue sorelle, non ricordo se era Panna o Magda.

Ormai in questo palazzo ci siamo rimasti solo io e mia moglie, i Friedmann e i Besnyö non ci sono più, sono arrivate altre famiglie con i loro bambini, li sento giocare, cantare, piangere, ridere, un po’ come fosse una volta, ma non è più la stessa cosa.

Con gli occhi della fantasia, specialmente quando c’è silenzio per le scale, mi piace immaginare Eva ed Endre, seduti sui gradini a studiare come funziona la fotocamera o commentare le foto scattate qualche giorno prima in giro per la città.

E sempre intorno a loro vedo una grande luce, la loro inseparabile amica e compagna di una vita.

* * *

Il racconto che avete appena letto mi è stato suggerito leggendo la biografia di Robert Capa, scritto da Richard Whelan nel 1994 e pubblicato dalla University of Nebraska Press.

A me è sembrato curioso pensare che nello spazio ristretto di un palazzo del centro di Budapest si siano incontrate tre persone che della fotografia hanno fatto un lavoro e la loro ragione di vita: Endre Friedmann (Robert Capa), suo fratello Kornell ed Eva Besnyö (Budapest, 1910 – Laren, 2003).

Eva Besnyö - Operai (Alexanderplatz, Berlino, 1931)

Nonostante la differente vita privata e personale, che li porterà dietro a progetti diversi e in luoghi insoliti, l’amicizia fra Eva e Bandi non venne mai meno, forse suggellata dalle idee di libertà di entrambi, idee trasposte in seguito nelle loro foto: Capa testimoniò la strenua difesa dei repubblicani nella guerra di Spagna, insieme alla compagna Gerda Taro, oltre alla lotta dei partigiani maquisards per la liberazione della Francia nell’ultimo conflitto mondiale; Eva, invece, collaborò nel 1944 con la resistenza olandese realizzando le fototessere per i documenti d’identità falsi.

Per molto tempo, specialmente nella Berlino degli anni Trenta, si era occupata inizialmente di ritratti e di pubblicità per passare in seguito alla fotografia di architettura, sull’onda della corrente artistica della Neues Sehen (Nuova Visione), nata dal costruttivismo russo e dalla scuola tedesca del Bauhaus, che privilegiava inquadrature insolite, contrasti di forme con accentuazione di luci e ombre, e prospettive azzardate.

Cambiò interessi intorno agli anni Settanta quando si avvicinò al movimento femminista “Dolle Mina”, documentandone l’attività: per questo motivo, essendo passata a una fotografia di strada, rinunciò alla formalità estetica dei suoi anni precedenti, per approfondire i contenuti.

Nella biografia di Capa, l’autore scrive: “Tali fotografie (quelle di Eva Besnyö) devono aver fatto colpo su Bandi che a quel tempo (negli anni Trenta) stava diventando seriamente interessato alle riforme politiche e sociali”.

Al link seguente le oltre 3.200 fotografie di Eve Besnyo, conservate al Maria Austria Instituut di Amsterdam: https://link.universofoto.it/ts4lU.


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